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16 ottobre 2011

Rosinella Celeste in visita a Mandanici

Non siamo certi se la grande scrittrice messinese sia stata veramente a Mandanici in quell'”estate di scirocco”, molto probabilmente sì,come risulta nel Suo breve racconto “la notte di San Giovanni” tratto dal Suo ultimo lavoro letterario “tra bora e scirocco” che ci ha inviato.

E' vero che anche a Mandanici si facevano la vigilia del 24 giugno le famose novene a San Giovanni Battista per avere risposte ai tanti dubbi che ci assalgono durante la vita. In particolare le novene avevano lo scopo di ottenere risposte immediate, attraverso semplici segni, su amori non corrisposti, sull'esito di eventuali malattie, su parenti lontani. Risposte che già durante una preghiera più articolata si poteva scegliere anche sul modo con il quale si sarebbero volute ricevere. Le scelte erano due o attraverso segni onirici oppure più immediate in una fase d'ascolto nel mentre si recitava la preghiera.

Le anime decollate avendo subito supplizi indescrivibili durante la loro vita terrena fanno ritenere ai credenti che siano facilitati nella loro funzione di mediazione e d'intercessione con Dio.

La preghiera che si utilizzava a Mandanici e che ci ha ripetuto Giovanna Ottorino qualche giorno prima di morire è del seguente tenore: San Giuvanni decullatu/u vostru corpu ijè matturiatu/pa vostra decullazioni/datimi aiutu e cunsulazioni/sia di beni sia di mali/facitimi vidiri cocca signali/si ijè di beni/cani bbajari o jaddu cantari/campani sunari/treni friscari/. Si ijè di mali/scecchi ragghiari/potti chi nchiudunu/. (San Giovanni decollato/il vostro corpo è martoriato/per la vostra decollazione/datemi aiuto e consolazione/sia di bene sia di male/fatemi vedere qualche segnale/se è di bene/cani abbaiare o gallo cantare/campane suonare/treni fischiare/se è di male/asini ragliare/porte che chiudono/).

A Mandanici e nella vicina Pagliara altrettanto importanti erano le famose novene a San Giorgio cavaliere. Per le testimonianze raccolte sembra che siano in pochi capaci di parteciparvi senza paura, senza rischiare l'infarto. Cavalli galoppanti accompagnano San Giorgio e chi partecipa alla novena a quanto si dice ha la possibilità di vedere e di sentire in diretta questi eventi soprannaturali.

Ritorniamo “alla notte di San Giovanni” di Rosinella Celeste. Non sappiamo,ancora per poco, se il breve racconto rappresenta un frammento letterario autobiografico. E' sicuramente certo che il segno ottenuto dalla famiglia messinese durante la fase di ascolto “aiuto al fuoco” è stato male interpretato dalle zie o semplicemente molto amorevolmente hanno nascosto la vera interpretazione per tranquillizzare la nipote. Le acque ingenerose hanno inghiottito il papà Giovanni e nemmeno sono riuscite a spegnere il fuoco dell'anima della bambina. Anche l'acqua che avrebbe dovuto spegnere le fiamme nella lettura dei segni evoca lutti e lacrime. Chissà se quel 28 febbraio del 1943 su quel sommergibile “F 111 di cattura francese” che affondava c'era fuoco e grida d'aiuto.

Siamo particolarmente orgogliosi ad averla ospite nel nostro sito questa meravigliosa interprete della poesia e della scrittura italiana contemporanea e di ciò ringraziamo pure l'arch. Giulio Romano.

Rosinella Celeste è figlia di Giovanni il grande Capitano della squadra Peloro di Messina calcio e Tenente di vascello della regia marina affondato col sommergibile che comandava mentre rientrava da Lampedusa ad Augusta. Al mitico Giovanni venne intitolato il vecchio stadio di Messina.

Rosinella Celeste è una valente scrittrice e poetessa del panorama culturale nazionale,durante la sua attività artistica ha ottenuto molti premi nazionali e significativi apprezzamenti da parte di Eugenio Montale, Ezra Pound, Fulvio Tonizza e da tanti altri. Attualmente vive a Fiumicello in provincia di Udine ma non ha dimenticato le sue radici native messinesi.

LA NOTTE DI S. GIOVANNI

Era un’estate di scirocco . Nessuna difesa. L’aria pesante ed umida si fermava in gola . Si viveva in apnea , come avvolti da uno smisurato ectoplasma.

- Tempo adatto per le Novene notturne – sentii bisbigliare.

Accompagnata da un drappello di zie siciliane mi ero già recata, emozionata e pallida da un uomo-medium. Di solito in questi casi, si sottopongono all’esame gli oggetti appartenuti al defunto : una vecchia foto, una spilla, una lettera..

Io, invece , ero per le zie quanto di più raro si potesse immaginare; ero, tra i feticci o gli amuleti adatti al caso, il feticcio per eccellenza : ero la carne del loro fratello morto o disperso in guerra, o ancora ben vivo ( cose da stabilirsi queste attraverso la seduta medianica). E quindi su di me venivano sperimentate direttamente le doti di fantasia e di mistificazione dell’esecutore.

Allora mi sentivo in un ruolo importante certo, ma non capivo se dovevo considerarmi una specie di antenna captante i segnali ultraterreni, oppure una sorta di cavia sempre però di tessuto impalpabile, come il vestitino di organza bianca che le zie mi facevano indossare quando ci recavamo nella casa misteriosa, situata in periferia verso il Ponte americano , tra le baracche costruite dopo il terremoto del 1908.

Il dotato” mi squadrava furtivo e veloce, poi afferrava una ramaglia di finocchio selvatico e volteggiandola la passava per tutto il periplo del mio corpicino tremante e infastidito dal pizzicore. - Reaggisce, reaggisce bonu –

biascicava il medium. – Ma megghiu sarria fari ‘na Novena al nome di suo patri”-

Già da un mese in casa nostra si parlava basso della notte di S. Giovanni.

Quindi io attendevo questa notte che doveva essere tutta del santo, come si aspettano tutte le cose nuove a quell’età, con curiosità e spirito d’avventura.

Venne. E fu notte di scirocco. Tutti i sensi diluiti e i pori dilatati per l’umidità.

La cena fu leggera : lattuga e cacio-cavallo fresco piccato al pepe nero.

Chissà, fosse stata più abbondante, non si sarebbero potuti percepire i segnali inviati dalle anime leggere, evocate dalla Novena notturna?!

Agli uomini di casa fu detto: “ Facciamo un giro di palazzo e torniamo”.

Ci dirigemmo invece verso Mandanici La chiesa stava immersa nel buio sulla collina e per il suo barocco sembrava più bianca e solitaria.

Attorno stavano in riposo apparente, alcune casette di calce che trasudavano dai muri presenze umane nascoste.

Le zie si muovevano con pesantezza sulle scarpe ortopediche e a scatti ondulati evitavano pietre sporgenti o pozze d’acqua , incedendo come in una processione di “Pupi”.

La facciata sempre più incombente, rifletteva una luce propria che non si vedeva la fonte.

Mi fecero inginocchiare sul sacrato e mi sussurrarono: - Prega tanto e chiedi se tuo padre è morto davvero. –

E io mi concentravo sui racconti di mia madre, le lettere che aveva ricevuto dal mare, le foto di quel volto buono..e cercavo i pensieri sulle labbra per sensibilizzarli : “ Papà forse morto io sono qui. “

Ma le nenie delle zie, non più preghiera ma lamento, mi facevano un’eco capovolta , non dicevano “ papà” , dicevano “ bedduzzu S.Giovanni, mannacci ‘u signu “.

E io attendevo il segno, sbirciando tra gli occhi socchiusi per la concentrazione, alla preghiera, di qua e di là, dicendomi che anche Costantino lo ebbe sul campo di battaglia. “ In hoc signo vinces “: Ma che vittoria poteva essere la mia? Forse avrei potuto conquistarmi l’affetto delle zie? O quella bicicletta che mi era stata promessa?

All’improvviso il segnale tanto sospirato si materializzò.

Ma in Sicilia gli incendi sono cosa naturale, scoppiano nelle notti di scirocco per autocombustione e così un simile fenomeno scoppiò nelle teste delle zie e nella loro convinta fede.

Infatti, potemmo udire le urla di un uomo che invocava “aiuto al fuoco” e parlava di acqua e salvataggio.

L’interpretazione che fu data a questa manifestazione materiale dello spirito fu la seguente : - mio padre era stato vittima di un naufragio nel Mediterraneo in azione di guerra e si era salvato.-

Sono passati più di cinquant’anni e mio padre non è tornato.

Le zie lo aspettano ancora con la memoria sempre rivolta a quell’episodio di suggestione collettiva o di strana coincidenza.

Ma le Novene ai Santi le hanno aiutate a credere in se stesse e ad avere speranza. E’ un modo come un altro per conservare il ricordo di uno scomparso e l’affetto.

E’ l’illusione vestita di realtà oppure l’incapacità di mantenere l’amore sempre vivo nel tempo che inesorabilmente lenisce gioie e dolori.

Il giorno dopo la notte della Novena, mia zia Carmelina mi fece un discorso preceduto da un altro tutto muto il cui alfabeto era espresso unicamente dalla mimica facciale, da sguardi penetranti e significativi, che concludeva con misteriosa furbizia : - Ti sei mai chiesta come mai davanti alle foto di tuo padre non sia mai stato deposto un solo fiore ? –

Mi commossi tanto che non sapevo se credere ad un possibile ritorno di mio padre, oppure provare amarezza e dispiacere davanti alle sbiadite immagini prive del gentile fiore che tutti i morti di questa terra hanno.

ROSINELLA CELESTE