13 Luglio 2025
Un evento storico che si ripete: il
ritorno dei linguisti a Mandanici, cento anni dopo Rohlfs.
C’è
qualcosa di profondamente simbolico quasi circolare nel vedere
accadere di nuovo, a distanza di un secolo, ciò che era già avvenuto
nel 1924: il ritorno a Mandanici di studiosi interessati al nostro
dialetto. Un secolo dopo le visite del celebre linguista tedesco
Gerhard Rohlfs, Mandanici torna a essere centro di una ricerca
linguistica internazionale, a dimostrazione che la storia, talvolta,
sa ripetersi. E lo fa con un senso quasi poetico.
Nel 1924, Rohlfs, poi tornato nel 1930
giunse nel nostro paese per raccogliere informazioni sul dialetto
mandanicioto, intervistando due abitanti del luogo: Giovanni Scuderi
e Carmelo Ciatto. Le loro parole, insieme a quelle di centinaia di
altri informatori sparsi tra l’Italia e la Svizzera meridionale,
confluirono nel monumentale Atlante linguistico-etnografico
dell’Italia e della Svizzera meridionale (AIS), un’opera che oggi
rappresenta un tesoro inestimabile per la storia linguistica e
antropologica del nostro Paese.
Nel
luglio del 2025, grazie a un nuovo progetto dell’Università di
Zurigo denominato AISnew quell’opera viene riscoperta, digitalizzata
e, fatto straordinario, arricchita da nuove rilevazioni condotte
proprio a Mandanici, con l’obiettivo di proseguire l’indagine
originaria di Rohlfs sulla popolazione e sul dialetto locale. A
distanza di un secolo, gli studiosi sono tornati per osservare come
si sia evoluta o trasformata la lingua di un tempo, e con essa
l’identità di una comunità. Il team, composto da Giorgio Stopo,
dottore in Scienze Linguistiche, Massimiliano Milone, studente di
filologia moderna all’Università di Catania, Lisa Gasner e Adriano
Salvi, ricercatori di dialettologia e linguistica dell’Università di
Zurigo.
A differenza del passato, questa volta è il
computer a sostituire il taccuino, una scheda audio digitale a
rimpiazzare il fonografo, e la signora Giuseppina De Luca ha preso
il posto degli informatori storici, donando voce viva al nostro
dialetto, ancora vibrante di sfumature.
Il contatto diretto con l’amministrazione
comunale in particolare con il sindaco Armando Carpo, nipote
dell’omonimo storico e cultore delle tradizioni locali ha permesso
la realizzazione di questa nuova tappa dell’indagine.
Ma il legame con Rohlfs non è soltanto
istituzionale o ereditario: a metà degli anni ’70, lo stesso Gerhard
Rohlfs fece ritorno a Mandanici.
Entrò in paese con discrezione, come aveva
fatto cinquant’anni prima, e come guidato da una trama invisibile,
si recò direttamente al Municipio. Fu lì, quasi per magia, che
incontrò Armando Carpo senior, allora ragioniere comunale e
appassionato cultore di storia locale e del dialetto. I due si
riconobbero non per fisionomia, ma per linguaggio, curiosità e
passione. Ne nacque un dialogo che proseguì negli anni successivi
attraverso lettere, scambi di notizie e riflessioni. È uno di quegli
incontri che, pur brevi, lasciano un segno duraturo.
In uno dei suoi ultimi scritti, Armando Carpo
senior racconta così quell’incontro:
“E poi forse mi sento un predestinato,
investito di questo compito. A metà degli anni ’70 e se non ricordo
male anche all’inizio degli anni ’80 venne a Mandanici un arzillo
vecchietto, allora novantenne, del quale inizialmente ignoravo sia
il nome sia la caratura internazionale. Era il glottologo tedesco
Gerhard Rohlfs, che nel 1924, per conto dell’AIS, condusse una
ricerca sul nostro dialetto.
Sapeva tutto di Mandanici: del dialetto,
delle attività economiche, della pastorizia, perfino dei soprannomi
con cui le famiglie venivano identificate. Mi misi a sua
disposizione. E il professore prese appunti, constatando le
differenze lessicali e fonologiche emerse in cinquant’anni.
Per Rohlfs, ‘Mandanici ha conservato il
materiale greco meglio delle località poste sulla marina’.”
Quella che si estende tra il 1924 e il 2025 è
una lunga traiettoria fatta di trasformazioni profonde: Mandanici è
cambiata, così come è cambiato il modo in cui parliamo, viviamo,
comunichiamo. Ma non tutto è andato perduto. Il dialetto, pur con le
sue evoluzioni e qualche inevitabile oblio, continua a vivere. E
sebbene alcuni termini si siano scoloriti nel tempo, altri resistono
come pietre antiche: testimoni della nostra identità.
L’iniziativa dell’Università di Zurigo non è
soltanto una raccolta di dati: è un atto culturale che ci interroga
su chi siamo, su chi eravamo e su chi potremmo diventare. E oggi,
come nel 1924, Mandanici risponde con le sue parole, le sue
inflessioni, la sua anima.
Sarebbe bello e significativo realizzare a
Mandanici un museo fotografico permanente dedicato a Gerhard Rohlfs
e ad altri studiosi. Un luogo che raccolga fotografie, disegni,
testimonianze, documenti e materiali sonori, affinché la memoria di
un’impresa scientifica e umana così profonda possa essere restituita
alla comunità e trasmessa alle generazioni future.
A chi verrà tra cento anni, il compito di
proseguire questo cammino. Perché la storia, quando è degna, merita
di essere riletta, riascoltata e perché no rivissuta.
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