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CHIESA DI SANTA DOMENICA V&M

Il Duomo di Mandanici è ubicato nella parte bassa del centro storico rispetto alla Rocca, ossia la parte più alta del paese. E’ un edificio di vetusta origine: è probabile che risalga al XII sec., periodo della conquista normanna, tuttavia il documento più antico che ne attesta l’esistenza risale al XIV sec. La chiesa è a pianta basilicale con transetto, che non fuoriesce perimetralmente rispetto al corpo delle navate e con abside quadrangolare. L’edificio, dunque, presenta tre navate distinte da tre colonne con capitelli di ordine tuscanico, che reggono archi a tutto sesto. Dal punto di vista artistico si presenta come un edificio tardo – rinascimentale : la facciata risale  al  XVII – XVIII sec. , anche se conserva una severa e robusta impostazione romanica, tipicamente medievale; gli interni sono riccamente impreziositi da stucchi barocchi risalenti al 1696 e più precisamente rococò del 1711; di pittorica bellezza è il tetto a capriate lignee, mirabilmente intarsiato a cassettoni ottagonali e rosoni lignei uno diverso dall’altro. Di grande rilevanza, oltre ai preziosi marmi degli altari laterali, è l’altare maggiore in marmi policromi, che fonde in sé equilibrio e compostezza, slanciandosi armoniosamente verso l’alto. Tra le opere d’arte che si conservano vi sono tele della scuola  del Camarda, alcune dei Catalani e la tela di S. Domenica dipinta da Giuseppe Paladino nel 1768. Di particolare rilievo è la tavola della Madonna del Canestro della fine del XV sec. attribuita a Girolamo Alibrandi. La leggiadria del Rococò e l’estatico equilibrio dell’altare posto nell’abside tendono ad alleggerire lo scheletro romanico del Duomo, che insieme alle opere d’arte che custodisce rappresenta il meglio che il nostro patrimonio può offrire. Il campanile del Duomo, considerato come edificio a parte dalle autorità competenti, presenta una pianta quadrangolare e si innalza su un arco a tutto sesto in tre piani. La sommità dell’ultimo piano è coronata da una cuspide a pianta ottagonale; il motivo dell’ottagono nell’antica simbologia cristiana rappresenta l’ottavo giorno dopo il quale Cristo, risorgendo, salva l’umanità. La cuspide in ognuno dei lati presenta due ordini di fori e al vertice è sormontata da una sfera in rame con croce  e bandiera segna vento. Quasi a continuare gli angoli della pianta quadrangolare si ergono ai lati della cuspide quattro pinnacoli che slanciano ulteriormente l’intero edificio. Nell'ultima cella campanaria vi è, tra le altre, la campana "a longu", voluta dai mandanicesi nel 1808 e raffigurante Santa Domenica, Sant'Antonio Ab. e S. Maria dell'Itria.

CHIESA SS. TRINITA’

La Chiesa della SS. Trinità è una delle costruzioni più antiche di Mandanici. Di evidente origine normanna era annessa ad un convento dell’ordine di S. Basilio Magno. La chiesa, dunque, risalente per origine al XII sec. presenta anch’essa negli interni come il Duomo, rifacimenti di epoca barocca e rococò: splendido è l’altare centrale nell’abside quadrangolare, che suggerisce una paradisiaca danza di putti che reggono conchiglie con sopra scritti inni alla SS. Trinità; nell’unica navata si possono osservare in ogni lato tre altari spogli di marmi al di sopra dei quali si ammirano delle autentiche opere d'arte ovvero una splendida "Assunzione" di Antonio Catalano e altre tele della scuola dello stesso. Interessante lo stemma dei basiliani in stucco che si può ammirare a sinistra in fondo alla chiesa

CHIESA S. ANTONIO ABATE

La chiesetta di S. Antonio Abate è ubicata vicino al Duomo ed è annessa ad un antico palazzo gentilizio di cui doveva farne parte giuridicamente. E’ a pianta longitudinale e presenta un altare centrale in stucco del XVII – XVIII sec. La facciata è prettamente barocca, presenta una corona in pietra ed è sormontata da una torretta campanaria contenente una campana da un suono inconfondibile per ciascun mandanicese: i suoi rintocchi, infatti, avvertivano tutti i cittadini in caso di incendio nel paese, non a caso essendo S. Antonio Ab. protettore dal fuoco

CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMELO

Probabilmente era l’edificio più antico di Mandanici, perché posto in cima alla Rocca, che doveva essere la parte fortificata del “ vicus munitissimus “ di Mandanici in età araba, come affermano gli storici. Oggi, purtroppo, di antico non rimane nulla in questa chiesa, ricostruita seguendo le linee originarie negli anni ’60 di questo secolo. Interessanti sono la tela della Madonna del Carmine e la statua di S. Vito, oltre l’ubicazione, come si è detto, dell’edificio.

IL CULTO DI SANTA DOMENICA A MANDANICI

 L’avvento dei monaci basiliani nella abbazia di S. Maria Annunciata ha sicuramente significato la restaurazione delle pratiche del culto cristiano, affievolite durante il dominio arabo. Fu senza alcun dubbio una nuova era per l’intera vallata di Mandanici. I monaci introdussero nei secoli successivi, tra le tante innovazioni, la coltivazione degli ulivi e la sericoltura mediante l’allevamento del baco da seta, attività che resero Mandanici famosa in gran parte della Sicilia nord-orientale, reputazione ancor oggi conservata per le peculiari qualità dell’olio d’oliva, in particolare. Ed è proprio ad opera dei monaci greci dell’ordine di S. Basilio che con molta probabilità Santa Domenica viene eletta Patrona dell’antico borgo di Mandanici. Il culto alla Martire di Tropea, infatti, benché diffuso in Occidente prevalentemente in Calabria e nella Sicilia nord-orientale, è molto diffuso nella Chiesa Orientale, dove Santa Domenica viene venerata sotto il nome greco “Kyriaki”, contribuendo a ciò il martirio subito da Doroteo e Arsenia, genitori di Lei, in Armenia dove secondo la tradizione furono deportati. Non escludendo del tutto la possibilità che nella terra di Mandanici prima dell’avvento dei Normanni un culto bizantino fosse rivolto Santa  Domenica, anzi per essere più corretti a Santa “Kyriaki”, fu decisivo per la diffusione della venerazione alla Martire il monachesimo basiliano che, come dicevamo, proprio a Mandanici dal 1100 ebbe una delle sue più importanti sedi del litorale ionico della Sicilia nord-orientale con l’abbazia di S. Maria Annunciata. E’ il secolo XII, dunque, l’epoca in cui S. Domenica diventa Patrona di Mandanici con la costruzione di un tempio a Lei dedicato. Nel 1737, sentendo il bisogno di rendere più viva la venerazione dei fedeli verso la loro Patrona, don Sebastiano Miceli, arciprete di Mandanici, ottiene da “Ianuarius Guglielmino” Vescovo di Tropea un “reliquiario d’argento” contenente “un pezzetto di colonna alla quale fu flagellata e martirizzata” S. Domenica. Il sacro cimelio è ancor oggi custodito nel Duomo e venerato con fede dai mandanicesi nei giorni della festa della Patrona. Circa le tradizioni sacre legate al culto della Protettrice possiamo fare menzione di una antica usanza praticata anche a Realmonte in onore della martire Lucia. Sembra infatti che per ricordare l’atroce martirio che subì la nostra Santa, un tempo si usava accendere un fuoco nella piazza della Matrice la sera del 5 luglio, vigilia della festa: si voleva richiamare molto probabilmente la “Carcara”, fornace nella quale Domenica venne gettata uscendone illesa o il "Rogo" al quale venne appesa per i capelli. Nei forti temporali che duravano giorni e giorni senza tregua, veniva posto il simulacro di S. Domenica sulla “vara” e solennemente esposto sul sagrato della chiesa Madre: la furia della pioggia cessava. Attualmente S. Domenica viene venerata dai mandanicesi con una solenne celebrazione liturgica, preceduta da preghiere e novene, il 6 luglio, giorno della sua nascita al cielo, rimandando la processione e i festeggiamenti esterni alla seconda domenica di agosto per permettere ai numerosi paesani emigrati che tornano al paese di parteciparvi.

A cura di A. Caminiti