Home

6 settembre 2010

Mandanici e i suoi emigranti

Ingrandimento immagineGuardando uno dei tanti vocabolari italiani alla parola emigrante si legge “sostantivo maschile e femminile. Chi espatria in cerca di lavoro e di miglioramento economico”. L'emigrazione purtroppo è una storia senza fine, è una storia che si ripete anche ai giorni nostri e non si sa quando verrà scritta la parola fine. La corretta e fredda definizione del dizionario non riesce a descrivere i tanti drammi, i tanti dolori, le tante singole storie che hanno costretto tantissimi uomini, donne e bambini a lasciare il proprio paese natio, la propria lingua, la propria famiglia, alla ricerca di nuove opportunità,alla ricerca di una vita migliore. Per qualcuno la vita è stata così avara che ha deciso di recidere definitivamente il cordone ombellicale che lo legava alle sofferenze,ai ricordi di tanti torti subiti e patiti, alla fame soffocante che obbligava a stringere la cinghia sempre di più.Qualcuno addirittura ha preferito andare nella legione straniera francese pur di cambiare vita (Carmelo Allegra e Franz. Marga), tanto, peggio di com'era non poteva andare. Altri hanno abbandonato la famiglia, i ricordi di una giovinezza che se pur piena di difficoltà rappresenta il periodo più bello ed esaltante della vita di ogni essere umano. L'abbandono dei tanti ha influito in modo negativo ad accentuare la definitiva disgregazione del già debole tessuto sociale ed economico di Mandanici orograficamente infelice posto nella zona Pelionica (tra i peloritani e mar ionio) anch'essa con poche possibilità di sviluppo così com'è ristretta tra mare e montagna. In mancanza dei migliori al paese mancarono le necessarie forze per risollevarsi. Si partiva molto spesso in gruppetti per darsi coraggio reciprocamente,convinti che insieme si sarebbero potute affrontare meglio le incognite delle nuove destinazioni. Si partiva con la speranza di ritornare nel più breve tempo possibile da vincenti per riscattare uno stato di povertà e di frustazione che aveva raggiunto i limiti della sopravvivenza. Le destinazioni dei flussi migratori furono condizionate dalle richieste di manodopera che pervenivano da alcune nazioni che attraversavano particolari momenti di prosperità e di crescita.

Così dopo gli Stati uniti d'America fu la volta dell'Argentina e del Brasile. Finita la seconda guerra mondiale, dopo una breve pausa, si ripartì, ma questa volta la meta fu molto più vicina. Si andò in Europa e gli Stati europei che particolarmente accolsero i nostri emigranti furono la Svizzera e il Belgio. I nostri contadini si trasformarono in camerieri negli alberghi svizzeri, divennero minatori in Belgio. Fecero i lavori più umili e faticosi che i locali non volevano più fare (la storia si ripete). Non appena l'Italia ebbe la sua ripresa economica i nostri emigranti partirono verso miraggi più vicini per trasformarsi in operai nelle fiorenti industrie del nord. Per la gente del Sud fin dall' unità d'Italia è stato sempre necessario partire, con la valigia di cartone o la truscia sempre a portata di mano, tagliando legami affettivi ma anche tante misere certezze. Ci vorrà parecchio tempo prima che si sia potuto intravedere uno spiraglio di luce e di speranza. Arrivarono in paese le prime rimesse di denaro,si iniziò a ristrutturare le fatiscenti abitazioni,qualcuno acquistò terreni ritenendo che rappresentassero la soluzione, qualcuno impiantò qualche frantoio come Giuseppe Egitto, qualcuno un ristorante come Carmelo Favata, qualcuno degli alveari come Giovanni Sgarlata, tanti si fecero ingoiare i risparmi dalla svalutazione galoppante. Di molti emigrati si perse ogni traccia, cancellarono in modo definitivo dalla loro memoria il paese di Mandanici, altri invece non interruppero mai i rapporti ritornando con cadenza temporale al proprio paese.

Sono tanti che sentivano il bisogno di rivedere i propri cari e il proprio paese, ma qualcuno più di altri lasciava il segno ad ogni suo rientro. Giuseppe Ravidà detto Pippinu miricano ogni volta che ritornava ci faceva sentire a pelle il suo rapporto di affetto con Mandanici e con la sua gente,ancora la sua famiglia è proprietaria di una casa in Via Cesare Battisti che non ha voluto vendere per continuare ad avere un legame con la terra d'origine. Pippinu miricano ogni qual volta ci vedeva seduti davanti al bar “sutta i caciari”a giocare a carte, a chi lo stuzzicava sulla sua presunta florida situazione economica rispondeva che l'america era “ccà” e continuava dicendo, mentre sorseggiava un bicchiere di birra,: bi rividu sempre senza fari nenti, sempri a giucari e catti,a merica cu non travagghia mori di fami, va a finiri sutta i ponti. E chi non si ricorda di Pippo Caminiti.Prima di partire faceva il barbiere. In Australia contiuò ad esercitare con professionalità e successo la sua professione. Quando arrivava in paese l'ambiente si trasformava, una sola persona riusciva a mobilitare tutti gli altri, riusciva a svegliarli dal torpore,dall'indifferenza,dalla noia che attanaglia e massacra le piccole comunità.Ogni sera per il periodo che restava a Mandanici riusciva ad organizzare feste di ballo, riusciva a riaggregare un tessuto sociale pieno di incomprensioni e di disagi. Bastava una chitarra, che lui sapeva suonare, e una fisarmonica per farci ritornare ai tempi in cui bastava poco per produrre un sano divertimento.

Peppino e Natale Mafale arrivavano con le loro immense molleggianti cadillac trasportate su navi da crociera direttamente dall'America. Peppino era venuto pure nel settembre del 1943 subito dopo lo sbarco in Sicilia degli alleati e la cacciata dei tedeschi avvenuta il 18 agosto. Arrivò vestito da militare americano con una jeep e con una biondona al suo fianco a cercare la sua anziana nonna.Voleva stupire e c'è riuscito.  Carmelo Crimi partiva dalla lontana Argentina per respirare l'aria del paese dove era nato, paese ingrato che lo costrinse ad andare lontano ancora giovinetto. Ignoti malviventi purtroppo hanno interrotto le sue visite a Mandanici.Suo suocero Carmelo La Torre ha voluto rivedere Mandanici a 97 anni, desiderio da molto coltivato e realizzato prima di chiudere definitivamente i conti con questa vicenda terrena. Mandanicesi emigranti che abbiano raggiunti livelli sociali importanti o incarichi pubblici alti non ne conosciamo, partire da zero non è facile per nessuno. Forse le terze generazioni, ma di loro per la maggior parte si son perse le tracce,tanti hanno voluto cancellare radici profonde e amare. Fonti orali ci parlano di un Gazzola che di professione faceva l'ingegnere e che fu il primo a livello mondiale a predisporre un progetto per il ponte sullo stretto di Messina. Non abbiamo elementi per stabilirne la veridicità. L'unico la cui biografia risulta inserita nel dizionario biografico dei leaders italo-americani lui chi è è Salvatore Lo Presti. Laureatosi in teologia divenne fondatore della Chiesa italiana del Salvatore a Brooklyn, fu Preside dell'istituto d'istruzione religioso della valle del Naugutuck e membro del convegno Battista dello Stato del Connecticut.

Per rispetto e per il dovuto ricordo verso tutti i mandanicesi sparsi per il mondo dopo laboriosa ricerca siamo riusciti a individuare quanti partirono per gli Stati Uniti d'America sbarcando a Ellis Island dove vennero sottoposti a severi controlli medici. Chi non li superava era costretto a rifare il viaggio di ritorno magari con la stessa nave con la quale aveva fatto il viaggio d'andata.I porti di partenza privilegiati erano quelli di Napoli, Messina e Palermo con piroscafi che impiegavano circa sedici giorni prima di arrivare a destinazione. Nella relazione dell'ispettorato per l'immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani predisposta nell'ottobre del 1912 tra i tanti insulti si leggeva pure “propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare, gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione provengono dal Sud dell'Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più”. Sarebbe interessante, prima che tutto scompaia nell'oblio, essere aiutati, da chi è interessato, alla ricerca di qualsiasi notizia riguardante i nostri emigrati.

Di seguito indichiamo i nostri emigranti in America del Nord così come individuati dopo laboriosa ricerca sul sito www.ellisisland.org, nelle liste originali d'imbarco qualche cognome risulta storpiato, qualche altro illegibile. La foto a fianco è personale, della nostra famiglia, Peppinu marianittu u miricano Joseph Angioletti si naturalizzò americano modificando nome e cognome ma tornò alla fine a trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Mandanici.

Emigranti Mandanicesi (Formato PDF)

Condividi su Facebook