| 28 ottobre 2010 
	Giuseppe la Scala  
	
	 Abbiamo 
	ricevuto dal Sindaco di Mandanici Armando Carpo, nell’ambito di un progetto 
	culturale, l’invito di riportare alla luce i nostri personaggi storici più 
	rappresentativi per collocarli nella giusta dimensione che meritano al fine 
	di evitare che scompaiano per sempre nell’oblio.  Abbiamo accettato di buon 
	grado l'invito e si è ritenuto opportuno in questa prima fase portare alla 
	luce la figura di Giuseppe La Scala, comunemente noto come Peppino, vissuto 
	in anni che possono essere definiti oscuri e tristi ma che egli seppe 
	sapientemente contrastare con la luce della verità e con la forza della sua 
	religione. Questa 
	sintetica ricostruzione vuole essere un modesto contributo per valorizzare 
	la figura del nostro pastore metodista che nel periodo in cui visse ha 
	goduto in paese di un’ampia e condivisa reputazione non solo per l’atmosfera 
	gradevole che emanava dal suo altero portamento fisico ma anche e 
	soprattutto per il profondo senso di giustizia e libertà che ne connotava le 
	sue azioni quotidiane. Si vuole evitare che anche il nome di Giuseppe La 
	Scala vada sepolto nella polvere del tempo che passa e dalla indifferenza di 
	una terra che sembra spesso abbia voglia di cancellare il proprio passato. 
	E’ doveroso conservare un posto in prima fila al nostro pastore metodista 
	insieme agli altri grandi che hanno segnato la storia di questo nostro 
	piccolo paese. Storia fatta 
	di tante piccole storie che prese singolarmente possono sembrare a prima 
	vista insignificanti ma che sommate e interpolate l'una all'altra danno la 
	dimensione di come si evolve il tessuto sociale, di come si cambia, di come si 
	cresce anche in un piccolo contesto geografico.  Per farlo ci 
	sembra opportuno inquadrare il paese di Mandanici iniziando con un tuffo nel 
	passato, con un tuffo nel contesto storico della santa inquisizione che fu 
	tanto feroce e brutale quanto inutile con l’esecuzione pubblica di 
	protestanti e miscredenti. Domenico 
	Pellizzeri, Giovan Battista Pellizzeri, Minico Santoro, Matteo de Micheli  tanto per citarne alcuni, furono i martiri mandanicesi che nel sedicesimo 
	secolo furono ammazzati perché luterani. Mandanici ha 
	subito più di qualsiasi altro paese del nostro circondario la violenza della 
	Chiesa cattolica nei confronti di quanti erano accusati dei reati d’eresia,
	reati spirituali che si manifestavano nella povertà, nel bisogno di 
	ritornare alle antiche comunità cristiane, nella necessità di creare un 
	rapporto immediato e diretto con Dio senza bisogno d'intercessione o di 
	raccomandazioni. Questi animi
	ribelli presenti sul nostro territorio non si sono mai estinti, hanno 
	lasciato semi duraturi che sono germogliati nei momenti in cui maggiore era 
	il bisogno di verità, di libertà e di giustizia. I martiri protestanti di Mandanici con il loro sangue sono riusciti a innaffiare una terra di animi 
	forti e liberi. Il perché dei 
	protestanti a Mandanici nonostante la presenza del monastero della SS. 
	Annunziata di Mandanici, nonostante i tanti preti cattolici non è semplice da 
	capire,almeno per noi. Avrebbero potuto scegliere altri paesi ove nascere e 
	crescere. Invece nascono e crescono all’interno di un paese che potrebbe 
	considerarsi blindato per la tanta presenza cattolica che ancora oggi si 
	respira e per le tante Chiese costruite e sparse in ogni angolo del 
	territorio. O forse da 
	una costola delle tante presenze religiose si sono staccati frammenti di 
	contestazione seguendo l’esempio del monaco Martin Lutero?   In questo 
	paese dai contorni così illuminati ove convivono più credi religiosi nasce 
	Giuseppe La Scala il 7 ottobre del 1877 in Via Terranova al civico 15 da 
	Giovanni e da Antonina Longo. (oggi il toponimo Via Terranova non esiste più 
	in quanto sostituito dalla Via Fabrizi, la sua casa di nascita si trova sul 
	Corso Mazzullo al civico 20, che nel 1877 ancora non era stato costruito,a 
	sud della fontana Terranova).Il 12 luglio del 1900 sposa a Roccalumera col 
	rito civile Erminia Carmela Argiroffi con la quale avrà 7 figli (Nina 1901; Clelia 
	1903; William 1905; Lidia 1907; Daniele 1909; Ester 1912; Arnaldo 1915). Muore 
	serenamente nel Signore a Roccalumera il 17 agosto 1961 all’età di 83 anni. 
	I funerali furono celebrati dal pastore metodista Angelo Incelli. Riposa nel 
	locale cimitero di Roccalumera.   La famiglia 
	di Giuseppe (quella dei Longo in particolare) era una famiglia di un certo 
	spessore sociale ed economico appartenendo alla categoria dei pochi 
	privilegiati  proprietari terrieri. La proprietà in quei tempi era 
	appannaggio di pochi mentre la maggior parte della gente era costretta a 
	lavorare i terreni altrui in una forma di mezzadria dai connotati simili 
	allo sfruttamento.   Il padre di 
	Peppino oltre a essere un piccolo proprietario era anche un bravo falegname 
	e fu Sindaco del Comune di Mandanici dall’ottobre 1880 al dicembre 1889. 
	Morì a Napoli nel 1935 mentre era ospite dei figli Silvio e Giuseppe e venne 
	sepolto nel cimitero protestante di Soccavo, un quartiere della stessa città 
	napoletana. Giovanni è stato uno strenuo sostenitore e militante socialista 
	e contribuì alla creazione del fascio di Nizza di Sicilia. Professava la 
	religione evangelica. La madre di 
	Giuseppe morì il 13 novembre 1877 a diciannove anni e dopo soli trentasette 
	giorni dalla nascita di Giuseppe.   In questo 
	ambiente familiare permeato di fede,anzi come lui stesso ebbe a scrivere 
	ambiente saturo di affetto, Giuseppe assaporò i primi insegnamenti 
	evangelici che lo guideranno e lo accompagneranno per il resto della sua 
	vita. Ebbe pure modo di crescere con gli insegnamenti della dottrina 
	socialista in controtendenza con lo spirito illiberale che serpeggiava in 
	quegli anni.  A rafforzare 
	il suo credo religioso influì pure in modo forte la testimonianza evangelica 
	presente a Mandanici in misura ragguardevole guidata inizialmente dal 
	ministro di culto Gaetano Scuderi e successivamente dai figli dello stesso, 
	Malachia, Daniele e Costantino.  I Metodisti 
	avevano e hanno le loro regole di vita religiosa scritte nelle sacre 
	scritture (Antico e Nuovo testamento).Con le altre confessioni 
	(cattolica, ortodossa) hanno in comune le preghiere del Credo e del Padre 
	nostro mentre le differenze più significative emergono sui Sacramenti, sul 
	culto dei Santi o di Maria. E’ importante 
	sottolineare pure la caratteristica metodista di autorizzare dei semplici 
	laici di elevato valore morale alla predicazione dopo aver loro impartito 
	una accurata preparazione teologica.   Gli 
	evangelici di Mandanici tenevano il loro culto in una stanza a piano terra 
	della casa di Gaetano Scuderi successivamente trasferita a sua nipote sposa 
	del capitano di marina Eugenio Petrelluzzi, oggi appartiene alla famiglia di 
	Matteo Scoglio.  La scuola 
	domenicale era riservata ai bambini che venivano indirizzati verso il credo 
	evangelico e nello stesso tempo venivano intrattenuti con attività 
	ricreative.  Negli anni 
	subito dopo il ventennio fascista la stanza venne adibita a camera 
	dove la classe contadina meno facoltosa si incontrava per giocare a carte e 
	bere un bicchiere di buon vino locale. Gli 
	evangelici non si dedicarono esclusivamente al culto ma istituirono, sempre 
	nella stessa sala, anche dei corsi di alfabetizzazione affidati al maestro 
	socialista Luigi Tracuzzi per consentire una migliore integrazione sociale 
	delle classi più deboli e questo a prescindere dalla loro appartenenza 
	evangelica o dalla loro partecipazione ai riti religiosi. Non solo 
	Giuseppe La Scala ebbe i primi rudimenti evangelici ma anche Domenico Lo 
	Presti che ad appena 11 anni partì per l’America portandosi dietro gli 
	insegnamenti ricevuti e dove divenne Pastore Battista di grosso livello 
	mondiale. La creazione 
	della sala non creò nella comunità cattolica, come in altri contesti, una 
	guerra santa contro gli evangelici che certamente, in tale sciagurata 
	evenienza, invece di indebolirli sarebbero stati sospinti a stringersi 
	compatti attorno al loro credo per sostenere da veri discepoli la lotta 
	religiosa. Una risposta 
	venne solo dalla Giunta comunale. In contrapposizione alla scuola aperta 
	dagli evangelici l'Amministrazione dell'epoca istituì un corso serale 
	affidandone la gestione a padre don Concetto Barbera.   Per 
	sottolineare meglio la grande apertura mentale della popolazione di 
	Mandanici nei confronti di un culto che per lo Stato italiano era solo 
	tollerato e non ammesso basti ricordare come con quanta lungimiranza 
	l’Amministrazione dell’epoca, su specifica richiesta del Ministro evangelico 
	Gaetano Scuderi, gli concesse uno spazio all’interno del cimitero comunale 
	ove costruire una cappella destinata esclusivamente alla tumulazione dei 
	protestanti che pur essendo una minoranza avevano tutti i sacrosanti diritti 
	di essere tutelati e garantiti dalle istituzioni. Anche questo 
	spazio riservato era un modo efficace per rafforzare lo spirito di 
	appartenenza dei tanti componenti della famiglia evangelica. Mandanici con 
	la sua vocazione laica anticipava i tempi ponendo il problema della laicità 
	dello Stato e non si atteneva alle disposizioni dell’art. 1 dello Statuto 
	Albertino del 4 marzo 1848 che prevedeva nella cattolica la sola religione 
	di Stato,mentre gli altri culti esistenti erano tollerati conformemente alle 
	leggi. La 
	costituzione siciliana dell’11 febbraio 1848 promulgata dal cattolicissimo 
	Ferdinando II era ancora più dura nei confronti delle confessioni diverse 
	dalla cattolica infatti all’art. 3 si affermava che “ l’unica religione 
	dello Stato sarà sempre la cristiana cattolica apostolica romana,senza che 
	possa mai essere permesso l’esercizio di alcun’altra religione”. Il Re 
	soleva dire che il Regno era difeso per tre parti dall’acqua di mare per il 
	quarto rimanente dall’acqua santa. In questa situazione non era certamente 
	facile non essere cattolici,solo gli spiriti liberi seppero contrastare 
	questi regali eccessi confessionali.   La delibera 
	di concessione dell’area cimiteriale per la costruzione di una edicola 
	funeraria è del 17 ottobre 1885 in seguito alla richiesta dello Scuderi che 
	era del tenore seguente: ”ai signori componenti la 
	giunta municipale di Mandanici. Come le SS.VV. non isconoscono in questo 
	pubblico cimitero e propriamente nel quadrato destinato agli 
	acattolici,trovansi seppelliti gli avanzi della figlia del sottoscritto 
	Giuseppina decessa nel gennaro dell’anno 1884; ed or siccome lo scrivente 
	Ministro Evangelico nutre il desiderio,che accanto alla tomba della propria 
	figlia eriga una edicola per così in seguito venire seppellite altre persone 
	della sua famiglia e sino al grado di parentela consentito dal Regolamento 
	mortuario di questo Comune, prega le SS.VV. perché si piacciano accordare 
	l’analogo permesso per tanto praticare dichiarando essere pronto a fare il 
	pagamento per indennizzo dell’espropria terreno che sarà per occupare per la 
	costruzione di detta edicola,sottoponendosi a tutti gli obblighi che gli 
	verranno imposti e consentiti dalle leggi generali e relativo regolamento. 
	Mandanici 15 settembre 1885 firmato Gaetano Scuderi Ministro evangelico” Essendo 
	l’edicola completamente abbandonata, nel pieno degrado ambientale e di 
	pericolo per la pubblica incolumità nel novembre del 1993  il Sindaco di 
	allora Giuseppe Magaraci ordinò la traslazione dei quattro scheletri ivi 
	presenti facendoli inumare nella fossa comune presente nella chiesetta 
	cimiteriale e con altra ordinanza diede incarico alla ditta locale di 
	Carmelo Scoglio di provvedere ai lavori di demolizione. Nel 1998 la 
	signora Ada Petrelluzzi da Pietrasanta erede di Gaetano Scuderi  contestò al 
	Comune l’avvenuta demolizione. Essendo però abbondantemente scaduti i tempi 
	della concessione, senza che sia mai pervenuta richiesta di rinnovo, ed 
	essendo andati a vuoto tutti i tentativi di ricerca degli eventuali eredi 
	titolari della concessione, l’Amministrazione per prevenire guai peggiori ha 
	ritenuto giusto procedere alla demolizione. La vertenza prima di iniziare  
	sembra comunque essersi bonariamente chiusa.  Nel frattempo 
	Giuseppe cresceva, divenne un bel giovine e fu arruolato nella marina 
	militare a diciotto anni per il servizio di leva obbligatorio di 48 mesi. 
	Dopo un primo addestramento sulla corazzata Italia partì a dicembre 
	del 1897 in giro per il mondo a bordo dell’unità della regia marina 
	l’incrociatore protetto (corazzato) Calabria. Il 
	Calabria, del quale il nostro marinaio ci ha lasciato qualche foto, a 
	differenza delle altri navi della Classe Regioni, aveva tre alberi e un solo 
	fumaiolo. Aveva una lunghezza di mt. 81 e la larghezza di mt. 12,71. Durante 
	la guerra lampo ispano-americana fu destinato al mar delle Antille a 
	salvaguardia degli interessi italiani. Questa nave rappresentò per Giuseppe 
	la sua casa per circa due anni, i suoi commilitoni la sua famiglia. Per 
	trascorrere il tempo si dedicò alla tenuta di un suo personale diario di 
	bordo dal titolo Campagna d’America nel quale annotò le sue 
	emozioni, le sue sensazioni, gli avvenimenti a cui assistette, la bellezza dei 
	paesi visitati.   Che non sia 
	stato per lui un divertimento il servizio militare di leva si legge a 
	margine di una foto scattata nell’ospedale di bordo della nave dove annota “il 
	periodo della vita militare che lascia grato ricordo nell’animo di un 
	soldato è quello in cui egli può passarla nell’ospedale sia o si dica 
	ammalato. Tranquillo lungi dall’orgia perfida,al sicuro delle persecuzioni 
	dei superiori”  Nonostante 
	l’insofferenza per il servizio militare lo svolse in maniera ineccepibile. Emilio 
	Franzina nella sua prefazione al diario trascritto interamente da Giulio 
	Vicentini scrive di La Scala: “Ad onta 
	delle sue simpatie socialiste,La Scala non è poi,propriamente,un sovversivo 
	e registra senza approvarli,ma con spirito acuto di comprensione tanti 
	episodi inerenti la missione del Calabria che mettono in luce le mille 
	contraddizioni del fenomeno migratorio gestito invece a senso unico”.   Finito il 31 
	dicembre 1899 il lungo servizio militare di leva Giuseppe mette su famiglia 
	sposando, alcuni mesi dopo lo sbarco, Erminia Carmela Argiroffi residente 
	nella vicina Roccalumera ma certamente nel cognome ci sono gli elementi 
	sufficienti per considerarla originaria di Mandanici. Decidono di abitare a 
	Mandanici nella casa antistante la sala evangelica, oggi di proprietà di 
	Carmelo Famà, diventa così inevitabile e naturale per lui riallacciare i 
	rapporti di fede con i fratelli Costantino e Malachia Scuderi. Nel 1902 
	aiuta Malachia Scuderi nella sua opera di evangelizzazione e nel febbraio 
	del 1904 dà la sua adesione formale alla Chiesa metodista e con l'aiuto del 
	Presidente anziano Stasio contribuisce all'apertura di una nuova sala nella 
	vicina Nizza di Sicilia. Il 28 aprile 
	1905 avendo dimostrato tutte le sue capacità di predicazione venne promosso  
	“predicatore locale” dal soprintendente W.N.Clark, diventando così il 
	diciannovesimo predicatore locale sui quarantotto complessivamente presenti 
	in Italia. Nel luglio 
	del 1905 fu eletto consigliere comunale. Nell'agosto 
	del 1905 essendo partito Malachia Scuderi da Mandanici,l'incarico di 
	predicatore venne affidato a La Scala il quale accettò con tanta paura non 
	essendo sicuro delle sue capacità per l'assolvimento del nuovo gravoso 
	impegno. Malachia 
	Scuderi morì a Messina il 27 novembre 1907 e “il popolo da lui educato” pose 
	una lapide sulla facciata della casa paterna ove pure si trovava la sala 
	evangelica. Negli anni 
	che vanno dal 1907 al 1911 Giuseppe La Scala si interessò della diaspora 
	abruzzese con sede in Atessa,successivamente fu trasferito a Brancaleone in 
	provincia di Reggio Calabria e dopo meno di un anno a Reggio Calabria.   Il 23 maggio 
	del 1909 ricevette a Venezia l’ordinazione a Diacono della chiesa metodista 
	episcopale (Methodist Episcopall Church) dalle mani del Vescovo Earl 
	Cranston. Nel diploma di nomina sul nome Giuseppe sono evidenti i tre 
	puntini della crittografia massonica che andrebbero meglio approfonditi in 
	quanto La Scala venne iniziato alla loggia massonica “Michele Bello” di 
	Siderno solo il 25 aprile 1911 come apprendista,l’8 gennaio del 1912 fu 
	promosso a compagno d’arte (secondo grado della gerarchia massonica) e anche 
	a maestro (terzo e ultimo grado indispensabile per accedere ai riti 
	massonici). E’ noto come in Italia numerosi pastori metodisti appartenenti 
	alla missione episcopale trovarono ospitalità nei templi massonici. La Scala 
	fu uno di questi insieme al battista Bruno Saccomani e non si capisce il 
	perché considerato che i metodisti e i protestanti in generale hanno 
	guardato con una certa diffidenza la massoneria legata a troppi segreti e a 
	correnti di pensiero positiviste e deiste come annota Augusto Comba nel suo 
	volume “Valdesi e massoneria. Due minoranze a confronto” edito da Claudiana 
	nel 2000. Sembra comunque quasi certo che La Scala fosse un massone almeno 
	in questa fase della sua vita.   L’11 maggio 
	del 1913 a Napoli fu ordinato Anziano (Elder) dal Vescovo predicatore John 
	Louis Nuelsen cittadino tedesco e statunitense. In questo secondo diploma 
	non compaiono i tre puntini sul nome Giuseppe né altrove. 
	  L’Italia 
	entrò nella prima guerra mondiale e Giuseppe ormai avanti negli anni fu 
	richiamato alle armi. Il 31 marzo 
	del 1916 partì da Reggio Calabria, ove esercitava il suo ministero di 
	Anziano metodista e dove risiedeva con la sua numerosa famiglia fin dal 
	1912, per andare al fronte.   Nel febbraio 
	del 1918 gli furono conferiti dal Ministero della difesa i gradi di Tenente 
	cappellano.   Nell’aprile 
	del 1918 mentre si trovava sotto le armi come cappellano ricevette la 
	notizia che la conferenza annuale metodista lo aveva nominato Ministro sotto 
	prova. Il nuovo incarico lo stimolò ad affrontare al meglio i nuovi impegni 
	che gli furono affidati e spero che il Signore mi 
	darà la capacità e la possibilità di assolverli.   Il suo 
	impegno di cappellano militare con il grado di Tenente durò dal primo 
	febbraio del 1918 al 20 febbraio 1919 quando con sollievo annota ebbi 
	anch’io il congedo.  Fu uno dei 
	tre cappellani metodisti, insieme a Ferreri e Postici, nominati dal 
	Ministero della guerra per assistere i soldati evangelici in prima linea.
	 Non 
	dimenticando le sue attitudini di discreto narratore tenne un nuovo diario 
	dal titolo Guerra al regno della guerra .Con molta umiltà 
	sulla qualità della sua scrittura e un pizzico d’invidia in un passo del 
	diario del 19 maggio 1916 scrive: “ vorrei possedere la penna di De 
	Amicis o di Luigi Barzini per poter descrivere a tinte vive e fedeli ciò che 
	in questo momento si svolge davanti a me nella vasta zona che si può 
	abbracciare da quassù”. Nella semplicità e linearità della sua scrittura 
	c’è lo specchio del suo modo di essere disponibile,generoso e disinteressato 
	al servizio di Dio.   Nel suo 
	diario abbiamo avuto la possibilità di leggere sprazzi di  storie vere della 
	prima guerra mondiale diligentemente raccontate da chi l’ha dovuta subire e 
	non quella raccontata dagli storici o dai vincitori che comodamente seduti a 
	tavolino ci hanno propinato.   In una sua 
	riflessione del 15 maggio 1916, dopo il bombardamento di Asiago lascia 
	trasparire tutte le sue inquietudini sulla bruttezza della guerra che 
	scaglia inconsideratamente fratelli contro fratelli Riflessioni 
	cristiane che si sono accentuate dopo la notizia del suo trasferimento come 
	pastore evangelico alla 12^ compagnia di sanità che avvenne il 31 maggio del 
	1916.   Dopo qualche 
	anno trascorso tra Palermo, Taormina (in convalescenza) e Reggio Calabria 
	dovette rientrare al fronte ridiventando patriota perché Dio 
	ha disposto che io ancora dia il mio modesto contributo a 
	questa grande lotta che si combatte per il trionfo della libertà,della 
	giustizia e della pace nel mondo.   La prima cosa 
	che ci ha colpiti leggendo e rileggendo il diario è la mancanza di qualsiasi 
	riferimento al suo paese natale Mandanici. Non sappiamo se l’omissione sia 
	voluta o solo involontaria.  Qualche 
	riferimento indiretto a Mandanici lo si riscontra negli incontri voluti e 
	casuali avuti con alcuni compaesani sui fronti di guerra. Peppe Mafale 
	incontrato a Giarabassa il 5 marzo del 1918  senza aggiunta di osservazioni 
	se non che è diventato suo attendente . Giovannino Argiroffi, che diventerà 
	Sindaco di Mandanici alla caduta del fascismo, ateo ,impenitente, 
	sprezzante, ed oggi, tre anni di esperienze spirituali, di 
	sofferenze, di pericoli lo hanno mutato. Proprio mutato perché è 
	calmo, paziente, sereno e fiducioso. Oh la potenza della fede! e suo 
	fratello Ciccio Argiroffi un po’ in mal arnese stando su in trincea, però 
	è sano e molto tranquillo. Sembra acclimatato. Il caporal maggiore 
	Manlio Scuderi incontrato il 15 maggio del 1918 a nord di Asolo in una casa 
	colonica e il 24 ottobre in una stretta trincea fangosa poi 
	deceduto il 29 ottobre 1918 colpito da una pallottola in gola nell’attacco 
	del Fener e poi rivede, questa volta nei ricordi giovanili, il suo compagno 
	di fede Costantino Scuderi anima santa di eroe,e, nella rievocazione, mi 
	trovo con lui attraverso i vari paesi nostri portatore di una parola di 
	elevazione e di redenzione. Ma quanta distanza da quei giorni,quanti 
	avvenimenti! Costantino scomparso, io lanciato in diversa via, anch’essa 
	santa, certamente più santa ed  oggi soldato,quassù combattente per la buona 
	causa.   Costantino 
	Scuderi sembra sia rimasto vittima a Messina durante il terremoto del 
	dicembre 1908. Il 5 novembre 
	1918 annota con enfasi nel suo diario: Finita! Che parola magica! Par 
	quasi di sognare! Tre anni e mezzo di guerra, di dolore, di spasimi, di 
	trepidazioni, di pericoli son passati! Ecco la fine e con essa la gloria,il 
	trionfo! E con essa la liberazione dei fratelli oppressi e la pace completa, 
	definitiva, duratura! Ecco la fine della nostra guerra che preludia, perché 
	l’accelera, la fine di tutta la guerra mondiale! E’ un miracolo!un miracolo! 
	Non è sogno ma gloriosa realtà!   Finita la 
	guerra Giuseppe La Scala tornò a Reggio Calabria a continuare il suo 
	apostolato di pastore metodista apprezzato e amato dai suoi confratelli.
	 Riuscì a 
	superare nel 1920 una grave e lunga malattia dovuta molto probabilmente alla 
	cosiddetta  spagnola che in quell'anno infuriava mietendo numerose vittime. Per una 
	persona normale sarebbe più che sufficiente per tirare i remi in barca e 
	trascorrere il resto della vita in tranquillità, ma il nostro pastore 
	evangelico ancora ha molto lavoro da fare al servizio della gente. Il nostro 
	compaesano, infatti, nel 1927 fu inviato a prestare la sua opera di 
	evangelizzazione a Genova-Sestri levante e nel 1932 nella città di Napoli,in 
	Via Cimbri, fino al 1936 quando fu collocato in pensione (emeritato) per 
	raggiunti limiti di età.   Nel 1932, in 
	pieno regime fascista, diede alle stampe “culti ammessi, non più tollerati” 
	stampato dalla tipografia Portosalvo di Via Canestrani 5 in Napoli. Sentì 
	l'esigenza di pubblicare l'opuscoletto,composto da sedici pagine, “poiché 
	accade di imbattersi in taluni sconsigliati i quali credono sia lecito 
	offendere e ostacolare l'opera delle nostre Chiese,qualche volta 
	anche,abusando,in nome del fascismo,di cui,se pure portano il 
	distintivo,certamente non hanno compreso né la dottrina,né lo 
	spirito,crediamo utile e opportuno dire la nostra parola” E' una dura 
	reprimenda contro la Chiesa cattolica che a suo dire intende tenere i 
	cattolici lontani dai protestanti “per evitare il contagio” e 
	per garantirsi l'assoluta presenza sul territorio nazionale. Per  ottenere 
	questi risultati la Chiesa cattolica utilizzava, a dire di La Scala, 
	argomentazioni fuori di ogni logica. I protestanti venivano accusati di 
	essere d'importazione straniera dimenticando che Dio non ha Patria; sono 
	stati accusati di antitalianità pur sapendo che i protestanti sono stati da 
	sempre leali sia verso la Patria sia sui campi di lavoro e sia su quelli 
	dell'onore; sono stati accusati di essere antifascisti, anche ciò per La 
	Scala non risulta al vero anzi questo atteggiamento della Chiesa cattolica è 
	“falso e tendenzioso!”   Con la legge 
	del 24 giugno 1929 i vari culti acattolici furono dichiarati ammessi e non 
	più tollerati pertanto vennero a crollare tutte le insinuazioni poste in 
	essere dai cattolici. I protestanti 
	furono grati al governo fascista per le nuove leggi emanate  “fedeli ed
	obbedienti alle leggi dello Stato e si sentono onorati di potere 
	cooperare allo sviluppo della Patria”e si auguravano che l'Italia “possa 
	divenire,spiritualmente e moralmente,la prima nazione del mondo,come lo è 
	per la magnificenza del suo cielo,del suo mare e della sua natura” L'essere 
	stato collocato in pensione non fermò la sua attività di evangelizzazione e 
	di organizzazione dei fratelli più giovani. Dopo essersi avvicinato al suo 
	paese natio si mise a disposizione dei fratelli evangelici di Rocchenere e 
	di Roccalumera nonchè di quelli di Messina tanto da essere ricordato dal 
	pastore Colucci nelle sue relazioni annuali come esempio per gli altri pieno 
	com'era di una dirittura morale alta e ineccepibile.   Nel novembre 
	del 1943 a Mandanici si verificò una grossa manifestazione di protesta 
	contro il Sindaco Giovanni Argiroffi,nominato dal Governo alleato 
	nell'agosto dello stesso anno. In quella occasione i reali Carabinieri 
	andarono giù di brutto nei confronti dei manifestanti tra i quali molte 
	donne. Il nostro Peppino sentendo tutta quella confusione uscì in strada 
	cercando di calmare gli animi ma nello stesso tempo  con atteggiamento 
	severo e critico si rivolse ai carabinieri affinché non fossero toccate 
	nemmeno con un dito le donne che dimostravano ed in particolare tutelò una 
	sua vicina di casa “a zzà Cicca” la zia Francesca che veniva spintonata con 
	veemenza. Di fronte a quella imponente figura i reali abbassarono il tono 
	del loro intervento nei confronti di tutti. Subito dopo 
	la fine del conflitto della seconda guerra mondiale fu richiamato nuovamente 
	dalla sua Chiesa evangelica a seguire i metodisti di Salerno,cosa che fece 
	con grande impegno dal 1947 al 1951 lasciando di se apprezzamenti ampiamente 
	riconosciuti in quanti ebbero il piacere di frequentarlo. Durante il 
	periodo della sua evangelizzazione a Salerno diede alle stampe un 
	opuscoletto di otto paginette dal titolo “del cambiare religione”edito dalla 
	Chiesa evangelica di Salerno-Grafica Di Giacomo. Attaccò con veemenza la 
	Chiesa cattolica quando questa invita i propri credenti a non cambiare 
	religione,a conservare la religione dei loro padri. La Scala sottolinea nel 
	suo opuscoletto che “non è cambiare religione 
	passare dal papismo alla religione evangelica. E',invece,(cambiare 
	religione) rimanere nell'ambito del Cristianesimo di Cristo,spoglio delle 
	deturpazioni che,attraverso i secoli,ad opera della chiesa romana,si sono 
	venute accumulando,sfigurandolo e dandogli una fisionomia che lo fa 
	somigliare più al fastoso materialistico paganesimo d'altri tempi che al 
	puro,semplice,santo Cristianesimo del Maestro Gesù,degli Apostoli e dei 
	cristiani primitivi”   Chiusa 
	definitivamente quest'altra fase missionaria del suo apostolato nel 1951 
	ritornò in Sicilia facendo la spola tra Mandanici e Roccalumera. A Mandanici 
	partecipò attivamente alle campagne politiche facendo dei comizi molto 
	seguiti e apprezzati a favore dei partiti di sinistra non dimenticando le 
	sue radici comuniste. Chiuse gli occhi nel Signore a Roccalumera il 17 
	agosto del 1961 a causa dei postumi delle ferite riportate in un incidente 
	stradale causato da un motorino mentre passeggiava a piedi.  Giuseppe La 
	Scala è stata una delle più importanti figure di riferimento protestante 
	dell'Italia meridionale,il paese di Mandanici, pertanto, può andare fiero 
	per aver dato i natali a questo illustre concittadino. I suoi 
	contemporanei forse non lo apprezzarono a sufficienza,i nostri contemporanei 
	hanno l'obbligo storico di rivalutarne l'immagine e il ricordo, magari nella 
	toponomastica con la intestazione a suo nome della strada che collega la 
	fontana Terranova al corso Mazzullo,strada ove il nostro venne alla luce nel 
	lontano 1877. Bibliografia: Appunti 
	volanti del prof. Daniele Macris Appunti 
	volanti della figlia Nina La Scala Diario di 
	guerra di un cappellano metodista durante la prima guerra mondiale a cura di 
	Giulio Vicentini con la prefazione di Giorgio Rochat Diario di un 
	marinaio di leva a cura di Giulio Vicentini con la prefazione di Emilio 
	Franzina Delibera di 
	G.M. n.316 del 19-11-1994 Ricordi da 
	fonti orali |