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28 Dicembre 2020

Terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 

   Ore 5,20, magnitudo 10° grado della scala Mercalli, Messina trema, Messina si schianta ferita al suolo, nel frastuono silenzioso della morte.

   Sono trascorsi 112 anni da quel tremendo colpo mortale che subì la città di Messina che ancora oggi stenta a risollevarsi.

  Anche nel nostro piccolo Comune la scossa si sentì molto forte, non ci furono vittime per fortuna, ma tanta paura e tanti piccoli danni al patrimonio edilizio.

  In quei terribili momenti con le travi del soffitto che ondeggiavano pericolosamente venne alla luce Grazia Carpo in via Sciacca della Scala.

  Non vi furono morti a Mandanici, ma mandanicioti che restarono sotto le macerie di Messina furono in tanti. Ad oggi ne ho contati più di venti, ma saranno sicuramente una trentina.

  A cominciare dall'Assessore comunale del nostro Comune Giuseppe Scuderi fu Gaetano, pochi mesi prima era stato il bersaglio della protesta della popolazione in quanto l'Assessore Scuderi avrebbe voluto derivare le acque subalvee del Dinarini in contrada Pietrafitta. In seguito alla forte protesta popolare l'assessore in un primo momento presentò le dimissioni dalla carica, ma ancor prima che venissero discusse le ritirò tra le contestazioni dei tanti.

  Morirono inoltre sotto le macerie:

Alizzi (arizzi) Concetta d'anni 40 nata a Mandanici; Arizzi Teresa fu Sebastiano e fu Sposito Anna d'anni 46 nata a Mandanici; Ciatto Natala di Giuseppe e di Giunta Maria d'anni 37 nata a Mandanici moglie di Crifò Giovanni e le sue due figlie Crifò Anna di anni 14 e Crifò Maria Nunzia di anni 6; Crupi Nunzia d'anni 65 nata a Mandanici moglie di Arena Stellario; Garufi Carmela di Giovanni, d'anni 26, nata a Mandanici, moglie di Speranza Santi; Occhino Italia fu Domenico e di Spadaro Santa d'anni 22 nata a Mandanici. Dalle delibere consiliari e G.U. n.119 del 21 maggio 1909 sappiamo che Giuseppe il figlio maggiore del Cav. Luigi Mazzullo  di anni 45 con la sua nuora Lanfranchi Letteria e cinque nipoti (Rosa di anni 16; Luigi di anni 14; Agatino di anni 9; Orazio di anni 6) restarono sotto le macerie come pure la famiglia di Leonardo Butà che ha perso il padre, lo zio, il fratello, la moglie e molti nipoti.

 Il Cav. Luigi Mazzullo scrisse una lettera per il primo anniversario del terremoto, pubblicata sull’Ordine di Messina, indicatore quotidiano politico commerciale del 14-15 dicembre 1909, lettera che egli stesso definì "una proposta che farà discutere" che riporto nel suo testo integrale perché ci fotografa anche perfettamente il carattere e la grinta del nostro nell’affrontare i problemi di difficile soluzione: "vogliamo sul serio che risorga Messina? Quello che non fa il governo facciamolo noi, con, senza e contro il suo consenso. I forti, solo i forti ed i violenti ottengono quello che vogliono (nulla è cambiato). Cittadini della città del I settembre ricordatevi che qui cominciò il movimento che fece l’Italia una e costituzionale tutta l’Europa continentale e che qui se vogliamo comincerà il movimento che farà la repubblica federale latina e gli stati uniti d’Europa. I nostri padri qui chiamarono i romani che cacciarono i cartaginesi dalla Sicilia; qui i normanni che espulsero dall’isola bella i saraceni, qui sostennero l’assedio di 80 mila angioini, qui pugnarono strenuamente dal 1674 al 1678 contro gli spagnoli, qui si fecero bruciare al 1848 dagli scherani del re bomba e qui noi siamo risorti contro il terremoto del 1908. Qui se il governo proseguirà a fare il sordo bruceremo le brutte baracche ed improvviseremo una lotta che farà stupire il mondo civile e non civile. Gli eunuchi che da mezzo secolo ci reggono ed hanno puttaneggiato con tutti i ministeri hanno essi pure minacciato di mostrare in barricate le nostre rovine. Vigliacchi, eunuchi e traditori indietro. La città nostra è tutta una barricata. Con 200 veri messinesi si possono tenere in iscacco 20 mila soldati. Tutti i cannoni del mondo non potranno abbattere una città già abbattuta ed i suoi difensori anche pochi, dietro il sibilo delle loro palle, vi faranno sentire il fischio del loro scherno. Indietro dunque, o canaglie di tutti i colori. Non vogliamo né preti, né borbonici né stranieri di dubbio colore ed a coloro che ancora gridano contro la società belga, che lasciò in abbandono la tramvia, rispondiamo, riattivandola da noi a furia di popolo ed a calci nel sedere ai sedicenti rappresentanti della società e suoi difensori. A coloro che han constatato l’integrità del nostro teatro Massimo e desiderano una lieve spesa per riattivarlo, gridiamo: apriamolo per com’è. Ad un popolo che ha veduto 80 mila dei suoi figli sepolti sotto le macerie non può fare specie se il teatro rovinando all’improvviso ne seppellisse ancora uno o due migliaia. Avanti dunque, o messinesi superstiti, accorrete da Catania, da Palermo e da dovunque vi troviate pel 28 dicembre al nostro Massimo. I nostri figli sepolti solleveranno le braccia dalle macerie e grideranno bravo ai fratelli superstiti. Una città che ha tali figli non morrà mai. I nostri padri sapevano incontrare la morte lavandosi e profumandosi pria e coronandosi di fiori. Avanti dunque o stirpe dei Lacedemoni e dei Mamertini per la sera del 28 dicembre tutti al teatro. Il comitato della commemorazione penserà a spolverarlo e illuminarlo".

   Il Consiglio comunale di Mandanici si oppose all'idea ritenuta giustamente balzana del senatore Emanuele Paternò, Vice Presidente del Senato, che aveva proposto di ridurre Messina ad un Cimitero: i morti saranno lasciati sotto le rovine stesse le quali non possono essere rimosse nemmeno dopo tre o quattro anni di lavoro organizzato. Il Consiglio comunale di Mandanici non fu dello stesso avviso e nella seduta dell'8 gennaio 1909 ritenne che Messina non può morire né morrà. Per rifabbricarla bastano strade larghe come il Viale San Martino, molo più largo e case ad un piano. I messinesi che restano ripopoleranno la città e se occorrerà difenderanno con le armi il sacro suolo della patria........basterà che il Governo dichiari la città franca esente per dieci anni di tributi i beni rustici e urbani e che il fondo dei sussidi nazionali e stranieri sia amministrato da un comitato di messinesi con poteri dittatoriali.

A cura di a.c.