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28 Dicembre 2018

Terremoto di Messina

Ricorre oggi 28 dicembre 2018 il 110° anniversario del terremoto di Messina, da Mandanici vogliamo dare questo piccolo contributo.

Il disastroso terremoto del 1908 non ci parla di vittime nel territorio comunale di Mandanici, ma tanti cittadini mandanicioti persero la vita a Messina ove si recavano per lavoro oppure ivi avevano costituito una nuova famiglia. Di seguito i loro nomi così come recuperati dalla monografia di Armando Carpo: Mandanici memorie da non perdere:

Alizzi Concetta d'anni 40 nata a Mandanici; Arizzi Teresa fu Sebastiano e fu Sposito Anna d'anni 46 nata a Mandanici; Ciatto Natala di Giuseppe e di Giunta Maria d'anni 37 nata a Mandanici moglie di Crifò Giovanni e le sue due figlie Crifò Anna di anni 14 e Crifò Maria Nunzia di anni 6; Crupi Nunzia d'anni 65 nata a Mandanici moglie di Arena Stellario; Garufi Carmela di Giovanni, d'anni 26, nata a Mandanici, moglie di Speranza Santi; Occhino Italia fu Domenico e di Spadaro Santa d'anni 22 nata a Mandanici. Dalle delibere consiliari e G.U. n.119 del 21 maggio 1909 sappiamo che Giuseppe il figlio maggiore del Cav. Luigi Mazzullo di anni 45 con la sua nuora Lanfranchi Letteria e cinque nipoti (Rosa di anni 16; Luigi di anni 14; Agatino di anni 9; Orazio di anni 6) restarono sotto le macerie come pure la famiglia di Leonardo Butà che ha perso il padre, lo zio, il fratello, la moglie e molti nipoti. In quella luttuosa circostanza morì pure l'Assessore in carica Giuseppe Scuderi che abitava a Messina.

Quando il Vice Presidente del Senato, Emanuele Paternò, aveva proposto di ridurre Messina ad un Cimitero, dove i morti sarebbero stati lasciati sotto le rovine stesse le quali non possono essere rimosse nemmeno dopo tre o quattro anni di lavoro organizzato. Davanti a tanto sprezzo dei sentimenti e della dignità dei messinesi, il nostro Consiglio Comunale nella seduta del 9 gennaio 1909 ritenne che Messina non può morire né morrà. Per rifabbricarla bastano strade larghe come il Viale San Martino, molo più largo e case ad un piano. I messinesi che restano ripopoleranno la città e se occorrerà difenderanno con le armi il sacro suolo della patria....basterà che il governo dichiari la città franca per dieci anni di tributi i beni rustici e urbani e che il fondo dei sussidi nazionali e stranieri sia amministrato da u comitato di messinesi con poteri dittatoriali.

Mentre il nostro Cav. Luigi Mazzullo, il 15 dicembre del 1909 così scriveva sull'Ordine di Messina:

Vogliamo sul serio che risorga Messina?

Quello che non fa il Governo facciamolo noi con, senza e contro il suo consenso.

Qui se il Governo continuerà a fare il sordo,bruceremo le brutte baracche,ed improvviseremo una lotta, che farà stupire il mondo civile

Gli eunuchi, che da mezzo secolo ci reggono ed hanno puttaneggiato con tutti i ministeri, hanno essi pure minacciato di mostrare in barricate le nostre rovine....

Vigliacchi, eunuchi e traditori indietro. La città nostra é tutta una barricata. Con 200 veri messinesi, si possono tenere in in scacco 20 mila soldati. Tutti i cannoni del mondo non potranno abbattere una città già abbattuta e tutti i suoi difensori, anche pochi, dietro il sibilo delle loro palle,vi faranno sentire il fischio del loro scherno.

Indietro, dunque, o canaglia di tutti i colori. Non vogliamo, né preti, né borbonici, né stranieri di dubbio colore ed a coloro, che ancora gridano contro la società belga, che lasciò vigliaccamente in abbandono il nostro tranvia, rispondiamo, riattiviamolo da noi a furia di popolo ed a calci nel sedere ai sedicenti rappresentanti della società e suoi difensori. A coloro che han constatato l'integrità del nostro Teatro Massimo e desiderano una lieve spesa per riattivarlo, gridiamo: Apriamolo per com'é:

ad un popolo che ha veduto 80 mila dei suoi figli sepolti sotto le macerie, non può fare specie se il teatro, rovinando all'improvviso ne seppellisse ancora uno o due migliaia.

Avanti dunque, o messinesi superstiti accorrete da Catania, da Palermo e da dovunque vi troviate per 28 dicembre al Teatro Massimo.

I nostri figli sepolti, solleveranno le braccia dalle macerie e grideranno bravo ai fratelli superstiti.

Una città che ha tali figli, non morrà mai.

I nostri padri sapevano di incontrare la morte, lavandosi e profumandosi pria e coronandosi di fiori.

Avanti, dunque, o stirpe dei Lacedemoni e dei Mamertini per la sera del 28 dicembre tutti al Teatro. Il comitato della commemorazione penserà a spolverarlo e illuminarlo.