Home

 

26 Agosto 2012

Il fiore di trifoglio

L'Arch. Giulio Romano da Messina ci vuole bene, è un amico di questo sito, è un estimatore di Mandanici e della sua gente.

Dopo “ la Signora Giovanna” ci delizia con questo nuovo lavoro letterario: Il fiore di trifoglio

come sempre ambientato a Mandanici che il nostro autore conosce bene fin nei suoi più piccoli nascosti meandri definendolo “posto dolcissimo” e che nemmeno il tempo carogna è riuscito a portargli via.

Il tempo non potrà mai cancellare i sogni, non potrà mai rubare i ricordi belli, non potrà privarci dell''utopia che è in ognuno di noi per continuare a camminare.

Scrive Eduardo Galeano, giornalista e scrittore uruguaiano, "L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L'orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l'utopia? A questo: serve per continuare a camminare".
In questo suo lavoro con una sensibilità che gli fa onore,quasi in punta di piedi, Giulio Romano ci ricorda gli scapoloni, d'oro e meno d'oro, di una volta chiamati ,”signurini” e non ci possono non riaffiorare alla mente gli ultimi scapoli che Mandanici ricordi: u signurinu don Liu, u signurinu don Pippinu.

Ricordo u signurinu don Pippinu, qualche anno prima di morire gli chiesi se la scelta di restare scapolo fosse stata quella giusta, con tanta amarezza e con il senno di poi, mi rispose di no, gli mancava tanto la famiglia, una moglie, i figli. Quando si è giovani aggiungeva tutto fila liscio, ma quando si è vecchi tutti i nodi vengono al pettine ed allora è troppo tardi recuperare. Ricordo pure che la signorina Lina si rivolgeva a lui dicendogli signurinu don Pippinu vossia ….u voli u cafè....non vogghiu u cafè, vogghiu...e la signorina Lina scappava giù per le scale.....

Il dialetto contadino utilizzato dall'autore è un dialetto che esprime un linguaggio immediato, semplice, colorito ma sempre efficace, poche parole concise ma sufficienti a scavare negli stati d'animo e nelle situazione ambientali.

Non tocca solo l'aspetto sociale Giulio Romano ma tocca anche i temi dell'ambiente,la fragilità delle nostre montagne,attaccate dall'uomo,dal vento, dalla pioggia e dal fuoco con il risultato disastroso che le persone subiscono in termini di vite umane e per i danni irreparabili ai beni materiali.

Arrivai in macchina dall'autostrada e, superata la “nazionale”, voltai subito a destra imboccando la provinciale che portava a Mandanici.

Mancavo ormai da tanti anni, da quando mi ero trasferito in Lombardia, troppi forse, ma riconobbi subito la strada, allora sterrata, che facevo da ragazzino quando venivo a trascorrere le vacanze da amici in questo posto dolcissimo.

Tutto era come allora: la stessa polvere, lo stesso odore, l'odore di un aprile col cielo appena appannato da una luce gialla di sabbia portata dal vento di scirocco.

Le colline, ogni tanto cicatrizzate da qualche terrazzamento, ondulavano i loro campi verdi fiancheggiati dai fichidindia che si perdevano sui pendii.

La polvere, la stessa polvere d'allora, la stessa sagoma di quelle colline e sempre lo stesso profumo.

Piano piano la valle cominciava ad aprirsi attorno a me, e lasciava vedere i suoi gruppi di case incastrate tra gli alberi e i prati. Prati nuovi, pieni di un verde fresco che solo questa parte di terra può dare...

Finalmente ero arrivato. La piazza, più che una piazza, un largo dove ci si poteva affacciare dal ponte sul torrente.

Di nuovo? Niente: le stesse case,le stesse finestre con qualche vaso di fiori in più o in meno;gli stessi lampioni, perfino lo stesso rumore di zappa di qualcuno che stava curando il suo orto.

...O Peppe!!!!! 'nchiana ch'è prontu....

Perfino lo stesso grido delle massaie che chiamavano i loro uomini per l'ora del pranzo...

-Oh vadda cu si vidi! Ma lei, lei non è u signurinu Maccu? (Marco).....Ma sì è proprio iddu. Vadda un po'... tali e quali conu tannu. E ccu l'avia mai a diri, cussì crisciutu.cussì ranni, e ca stissa faccia i quannu era picciriddu...e cu na machina accussì bedda....

..Ma cu putia mmaginari, e dopu tant'anni poi.....

E giù parole, complimenti, domande, fatterelli....

M'incamminai col vecchio Pietro verso l'antico mulino dei Loteta...

-Maria. S'a ricodda a Maria? Me figghia, a cchiù picciridda...era iauta ccussì, comu sta sipala...Si maritau sapi, si maritau cchiù di du anni fa e iavi un picciriddu chi si vossia u vidirìa...

Maria. La ricordavo benissimo Maria: due gambe magre, troppo magre anche per tenere su un corpicino esile come il suo. Sembrava una puledra quando correva lungo il greto del torrente, sotto il ponte di Pietrafitta e i campi, a cogliere i fiori del trifoglio. Ma che soldo di cacio, era già una donna per me allora..

Sai un giorno tornerò, tornerò con una macchina così grande, tanto grande che non possa passare neanche per le le strade del paese...e allora ti sposerò...

E, ridendo ci mettevamo a succhiare un fiore di trifoglio.

Maria. Certo che la ricordavo.....

-Vidissi chi bedda chi si fici....Ora annamu e a truvamu....e Ciciu? Su ricodda a Cicciu....Fu l'annu ill'alluvioni. Su ricodda? Fu quando franò tutta a collina. Si fici in quattru pi sabbari i cristiani;poi ritunnò pi sabbari puru i nnimali. Ciavia quasi rinisciutu quannu si sdirrupau tuttu...Su puttau a ciumara suttall'occhi da so' zita...U distinu...chi ci voli fari...

L'alluvione....Se la ricordavo. Ne avevano parlato i giornali, ed io avevo seguito tutto alla televisione e,da Milano, stavo in pena per questi luoghi e questa gente, cari alla mia infanzia.

L'alluvione aveva fermato il cuore di Cicciu e cambiato il volto di queste terre....

-Eccula, eccula lì. A visti?...

-Marco!...si corresse, e poi riprese dandomi del lei- signurinu Marco, che piacere....qui tra noi...

Era lì, davanti a me: una bella “sposa”, una mamma col suo bambino in braccio. Con una mano cercava di slacciarsi il grembiule, e riordinarsi i capelli....

..Si sa, in campagna si è un po selvaggi....ma s'accomodi....

Non era più la puledra d'allora:non era più niente. Era una donna,soltanto una donna....Neanche il colore dei capelli era lo stesso.

Gli anni,gli stessi anni che avevano ammazzato Ciccio, il tempo metodico, spietato e banale,come sempre,aveva provato quella ragazzina troppo alta per la sua età, e ne aveva fatto una donna con un bimbo in braccio.

...Parlammo, parlammo tanto, davanti alla tavola apparecchiata. Ricordi, episodi...Ma ormai dovevo andare via, era tardi, dovevo tornare in città dai miei parenti di cui ero ospite.

M'accompagnarono alla macchina.

-Signurinu Maccu: na pocu d'alivi spiciali,di nostri...non di chiddi chi mancia a Milanu chi parunu di plastica. Si puttassi....e ccà c'è na picca i minestra sabbaggia: ddà, di sti cosi non nni trova. E' minestra frisca, appena cugghiuta, iavi ancora u ciauru di sta terra. A cugghìu ora ora Maria,chi so mani, sutta a ciumara, 'nte nostri campi.....-

...Li vedevo ancora nello specchietto, mentre salutavano in una nuvola di quella polvere di scirocco.

Ripresi a scendere e pensavo che,per quanto sembrasse tutto uguale, il tempo inesorabile, spietato,era riuscito a portare via tutto, ad annullare tutto come quella polvere che mi lasciavo alle spalle.

Dopo la discesa, imboccai la provinciale per prendere l'autostrada, un piccolo dosso,un sobbalzo. E sul sedile accanto, il pacco con la verdura si aprì. Senza distrarmi dalla guida, allungai una mano e a tentoni cercai di richiuderlo; mi accorsi che sopra c'era qualcosa:era un fiore di trifoglio...Sorrisi. Lo presi, lo portai alla bocca e succhiai, succhiai avidamente.

Mi resi perfettamente conto solo allora, che il tempo, per quanto inesorabile, spietato e ladro, non era riuscito a portare via tutto....

Giulio Romano