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19 settembre 2011

Giuseppe Loteta e don Concettino Barbera

Ingrandimento immagineGiuseppe Loteta ci ha inviato da Roma una sua seconda poesia su un altro personaggio vissuto a Mandanici. Come per don Cesare anche per don Concettino Barbera ci da una descrizione verista del personaggio che ancora molte persone di una certa età ricordano in paese e con essa il poeta Loteta ci regala un interessante spaccato sociale della prima parte del ventesimo secolo e sollecita in tutti noi una stimolazione della memoria sugli avvenimenti o sulle persone del nostro recente passato con una attenta e particolare attenzione al quotidiano della loro vita semplice e quasi sempre monotona e ripetitiva.

Concetto Barbera di Sebastiano e di Crisafulli Giuseppa nacque a Mandanici il 21 gennaio 1883 nella Via San Giorgio al civico 23, nella casa che attualmente è di proprietà della famiglia Cavallaro, successivamente si trasferì in Piazza Sant'Antonio nella casa dello zio prete. Morì a Santa Teresa di Riva nella casa di una sua sorella, sposata con tale Giacomo De Salvo, ove si trovava ospite, il 10 giugno del 1953.

Don Concetto Barbera affettuosamente detto Concettino era nipote del più famoso don Concetto Barbera Arciprete di Mandanici che per tanti lustri fece il bello e il cattivo tempo.

Il nostro Concettino rimase scapolo, e a chi gli chiedeva del perchè rispondeva dicendo di essere stato fidanzato con una ragazza di Messina che durante il terremoto del 1908 rimase schiacciata sotto le macerie per cui non ne voleva più sentire parlare di matrimonio, altri invece malignavano per il suo atteggiamento troppo effeminato. Non lavorò mai in tutta la sua vita, beato lui. Visse sempre di rendita e non poteva essere altrimenti con un padre ricco, maestro elementare, proprietario terriero e con uno zio Arciprete indiscusso attore della vita religiosa, sociale, culturale ed economica del nostro paese.

Don Concettino è appartenuto a quella striminzita parte della società civile che lascia il segno quand'anche per i suoi atteggiamenti che in tanti hanno definito stravaganti,era diverso dallo stereotipo comune incensato e osannato dal branco. Per esempio si sussurrava che quasi ogni notte il nostro don Concettino si facesse il giro delle vie del paese magari in compagnia di qualche ragazzo e qualcuno aggiunge che origliava alle porte. Soffriva d'insonnia o andava a controllare chi o cosa. Qualcuno diceva sommessamente che apparteneva ai servizi segreti di quei tempi tanto che girava armato di una pistola. Aveva una maniacale necessità di vestire con eleganza e alla moda tanto che non si accontentava dei negozi della vicina Messina ma si recava a Roma per acquistare un vestito di velluto o un paio di scarpe che non era facile trovare nelle vicinanze. Viene ricordato pure per la sua paglietta bianca. Non si accontentava di una paglietta qualsiasi, arrivava fino a Bologna per comprare quella all'ultimo grido. Aveva sempre con se una scatoletta di lamiera provvista di un buchetto laterale piena di mentine nere di liquirizia che qualche volta offriva anche ai bambini. Dopo la sua morte nella sua casa furono trovate tante giare piene di olio che non aveva venduto né utilizzato e tanti libri che alimentarono un grande falò quale segno di purificazione e di chiusura con il passato.

La foto tratta da “immagini del passato” di Aurelio Lenzo ritrae un gruppo con il prete don Concetto Barbera. Molto probabilmente il bel giovine all'inpiedi tutto elegantino è suo nipote Concettino che nel 1906,data della foto, aveva 23 anni.

Giuseppe Loteta con la sua straordinaria lucidità lo fotografa e lo tramanda alle future generazioni con una poesia di straordinaria cruda e lugubre bellezza.

DON CONCETTINO

La paglietta

di don Concettino

stupiva ed eccitava

ogni bambino.

Rotonda

sul viso tondo,

sul pince-nez inforcato

fino in fondo,

sui baffi radi,

sul sorriso giocondo,

sembrava appartenere

a un altro mondo.

Ma ogni estate

la paglietta rifioriva

e don Concettino appassiva.

Ora il vecchio è lassù,

sotto gli ulivi

del cimitero

appeso alla collina,

dove a volte

ritorno a rinsaldare

vecchie amicizie,

parentele care.

Salgo in fretta,

mi fermo affaticato,

siedo sui marmi, parlo

e son tentato

di scoprire la bara

in tutta fretta

per ritrovare,intatta,

la paglietta.