Nel 150°
anniversario dello sbarco dei mille a Marsala ci fa piacere ricordare come
anche Mandanici diede il suo generoso apporto di valorosi giovani che
decisero di seguire con speranza Garibaldi nella sua campagna convinti in
buona fede che sicuramente avrebbero migliorato le loro condizioni di vita.
Condizioni di vita ancora oggi disastrate se rapportate a quelle dell'Italia
del Nord. Nel 1860 non esisteva una differenza di ricchezza e benessere tra
nord e sud così accentuata, anzi... .oggi sì. Cambiare tutto per non cambiare
nulla.........diceva il nostro conterraneo.
Anche Garibaldi
si rese conto che la sua impresa lastricata di buone intenzioni non
collimava con gli interessi dei siciliani e in una lettera inviata ad
Adelaide Cairoli alcuni anni dopo ebbe a dire:"non rifarei oggi la via
dell'Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate essendosi colà
cagionato solo squallore e suscitato solo odio. Gli oltraggi subiti dalle
popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver
fatto del male, nonostante ciò non rifarei...."
I nostri
idealisti, tra l'indifferenza dei più, furono Antonino De Lorenzo, Giuseppe Ciatto, Carmelo Di Leo, Antonino Misiti, Sebastiano Maimone, Domenico Scuderi
e il Cav. Luigi Mazzullo.
Luigi Mazzullo
fra i garibaldini mandanicesi fu il il più convinto e il più vicino anche
fisicamente a Garibaldi il quale ad una precisa richiesta di Luigi Mazzullo
sulla qualità della missione affidatagli scrisse "accompagni il brigadiere
Medici in qualità di Patriota", pertanto non ebbe gradi militari ma ancor di
più ebbe il riconoscimento ufficiale di patriota.
Su "la Vita
Nuova" n.11 del 31 luglio 1913 sono stati pubblicati a cura di Ugo De Maria
i ricordi autobiografici del nostro Cav. Luigi Mazzullo figlio di Giuseppe e
di Settima Mirone nato a Mandanici il 13 novembre del 1829, nell'attuale Via
Fabrizi, accanto la Chiesetta di Sant'Antonio Abate, e come ci ricorda Tommaso Cannizzaro nel suo elogio funebre pubblicato su "l'ordine di messina" n.11
del 21 febbraio 1915 "chiuse i suoi giorni tranquillamente a poca distanza
della sua terra nativa nella marina di Roccalumera sulla riva del nostro
Jonio dove più si allarga lo Stretto di Messina, nella venerabile età di 84
anni (2 febbraio 1915),lasciando una numerosa corona di figliuoli e di
nipoti che ne ereditano il sangue e le virtù" . Le sue spoglie mortali
riposano nel Cimitero di Fulù in Mandanici.
Il Cav.Luigi
Mazzullo si è laureato nel 1853 in giurisprudenza presso l'Università di
Messina, è stato Sindaco di Mandanici dal giugno 1899 al 13 settembre 1903, è
stato consigliere provinciale, scrittore di numerosi saggi, propugnatore
convinto della provinciale Roccalumera/Mandanici
Il Figlio Nino
Mazzullo nel 1961 ha riprodotto in unico libretto gli articoli dei giornali
dell'epoca riguardanti il suo genitore.
Per quanti non
conoscono questi ricordi vogliamo riprodurli su questo sito incominciando da
quando dopo aver portato a Garibaldi, che si trovava a Palermo, un cannone
messo a disposizione dal Comune di Santo Stefano di Camastra.
Appena arrivato
a Palermo con il cannone fu mandato da Garibaldi, in qualità di patriota, il
26 giugno del 1860, ad accompagnare il generale Medici a Milazzo ove ebbe
l'incarico di costruire la fossata sopra San Francesco nel tiro morto del
Castello e nella sua ricostruzione dei fatti resa allo storico Ugo De Maria
incomincia la sua lunga e interessante descrizione della sua personale
partecipazione a quegli eventi dolorosi che resero l'Italia forzatamente
unita. Nella battaglia di Milazzo 160 furono i borboni morti mentre si
contarono 780 garibaldini tra morti e feriti.
"nella corsa
per entrare in Milazzo un certo Salemi si era rifugiato in un
magazzino:spinto da me ad andare innanzi,mi confessò che gli tremavano le
gambe. Allora,imposto di dare il fucile a certo Giuseppe Calabrò, altro
messinese,che senza armi ci correva dietro all'impazzata,affacciò dalla
porta la testa e gridò -oh, Calabrò, io ti conosco, se campo mi devi dare il
fucile- La mitraglia fischiava, ma noi correvamo e ridevamo.
Mentre si
costruiva la fossata nel tiro morto del Castello,sopraggiunse un mio
paesano,certo Domenico Scuderi fu Sebastiano,che io feci subito scendere nel
fossato per cavar terra e gettarla con la pala verso monte. Ad un tratto mi
disse che aveva una lettera di mio padre e me la porse. La lettera era così
concepita: Mandanici 20 luglio 1860 Figlio benedetto da qui si sentono le
cannonate. Ogni colpo che sento mi trapassa il cuore. Vorrei che non ti ci
trovassi;ma se ti ci trovi,fa il tuo dovere. Io ti benedico dalla terra e
Dio dal Cielo-Tuo padre Giuseppe Mazzullo. Lessi la lettera ai compagni e
gridai: Mio padre benedice me,io benedico voi, Dio benedice tutti. Fuoco alle troniere (feritoie) e fuori la terra dalla trincea. Per capire questa
frase,bisogna sapere che,per non essere disturbato nel lavoro della
trincea,io aveva ordinato di mantenere vivo il fuoco di fucileria contro gli
spalti del castello;così i soldati non potevano affacciarsi, né colpirci con
colpi dritti. Un giovinetto palermitano però,di quelli del battaglione di
Dunn, vedendo un fico carico di frutti,sulla nostra destra,vi salì sopra e
giù saporitamente nella gola e nello stomaco. Ma dal ridotto del castello
gli venne tirata una fucilata ed egli allora a gridare:aiuto,fratelli,aiuto.
Io ordinai che due volontari,camminando carponi nella vigna, lo tirassero giù
nella strada. E fu sfortuna, perché alcune pietre smosse rovesciarono un
fucile che, cadendo, esplose e ferì nel fianco un giovane veronese che
gridava: fioi corajo ed avanti. Presi fra le braccia il povero giovane che
mi disse: Scrivete a mia madre che son morto,non per disgrazia, ma per la
patria e sul campo di combattimento. L'abbracciai e lo
incoraggiai, dicendogli che veramente eravamo ancora in combattimento ed
intanto un fiotto di sangue uscitogli dalla bocca, mi avvertiva che pel
disgraziato tutto era finito. L'indomani a firma di Medici, scrissi al
Borgomastro di Verona che quel giovine, non ricordo più se chiamavasi
Veluzzi o Chiaffuzzi era morto da valoroso sul campo e di annunciarlo alla
madre e che noi avevamo riportato una segnalata vittoria sui borbonici.
Il Cav.Mazzullo
continua ancora il suo racconto con un episodio che ha l'aria di una burla
ma ci indica nei dettagli il suo incontro-scontro che ebbe con lo scrittore
Alexandre Dumas padre.
"finita la
fossata e questa consegnata a Dunn (battaglione),scesi alla marina ove
Medici,consegnandomi il revolver suo e quello di Garibaldi mi disse -va e
conserva questi dal signor Stefano Zirilli e digli che mangino, e mangia
pure tu,il pranzo preparato per Garibaldi- ed io : e tu? (evidentemente
i rapporti con Medici dovevano essere amichevoli tanto da darsi il tu) ed
egli -quel monaco lì,indicandomi Garibaldi,ha mangiato un pane nella pugna (durante
la battaglia),ed io ho dovuto fare lo stesso-.Garibaldi si disponeva a
posare la testa sopra una sella,posta sul portico di Santa Maria Maggiore.
Mentre si era nel pranzo,venne battuto rumorosamente alla porta,ove io,sceso
per sapere cosa si volesse, vidi un omaccione bruno, quasi un mulatto che in
francese mi domandava: ov'è il generale- ed io alla mia volta, credendolo un
carrettiere di Girgenti o di Licata. gli risposi in buon siciliano: nno lu
sacciu. ed egli di risposta:comment! vous ne le savez pas?
confermato
dalla risposta che fosse un siciliano (perchè aveva capito nno lu sacciu).gli
gridai stizzito :ma va a parlare della Castanea- e stavo per chiudergli in
faccia la porta quando il maggiore Cenni,che sopraggiungeva,credo per
pranzare gli gridò: Oh,Mr Dumas vous ici?- allora chiesi scusa al Dumas
dell'equivoco.ed egli a me,dicendomi in buon italiano,ch'era stato parecchio
a Palermo e comprendeva bene il siciliano. Egli andò con Cenni a trovare
Garibaldi che dormiva nel portico di Santa Maria Maggiore ed io salii sopra
a rassicurare la signora Zirilli ed i commensali a proseguire ad onorare il
pranzo imbandito dal comm.Stefano Zirilli.Mangiai meno di tutti, perché
molto stanco ed andai a coricarmi sopra tre sedie nella casa di altro
Zirilli, console di Spagna,sotto S.Francesco, presso la barricata o fossata
da me costruita nel tiro morto del Castello,pronto a levarmi coi miei
conterranei per oppormi a qualsiasi sortita dei Regi. Ma la notte passò
calma per tutti.
Continua
raccontando un altro aneddoto dell'incontro avuto da un abitante della
vicina Castroreale con Giuseppe Garibaldi:
"All'indomani,sceso
sul molo ed accostatomi a Garibaldi,un cittadino castrorealese gli diceva
:eccellenza,vi baciu li manu, e quegli,ritirandosi la mano sul
dorso,rispondeva:l'ho difeso e l'altro:appunto perchè ci avete difeso,bacio
le mani. e Garibaldi di nuovo: ma l'ho difeso. Allora io accortomi
dell'equivoco osservai:Ma il generale lo ha proibito. ed il generale,voltosi
a me disse:grazie della correzione ed al castrorealese :si,buon amico,ho
proibito il titolo di eccellenza ed il baciamano. Piuttosto stringetemi la
mano. Così quel buon castrorealese ebbe l'onore di stringere la mano
dell'Eroe dei due mondi e fu tale la commozione del suo animo che si vide
visibilmente illanguidire e tremare. Presente a quell'episodio era l'allora
giovine Dr.Francesco Todaro da Tripi, oggi Senatore del Regio e Presidente
della Società internazionale di ginnastica.
Fine prima
parte, continua nei prossimi giorni