Home

 

15 Maggio 2013

Pellegrinaggio a Tindari Ciccio Misiti non ci sta

Ciccio Misiti non ci sta, e mi sarebbe sembrato strano il contrario, conoscendolo forse meglio di tanti altri e mi scuso per la presunzione.

Credeva di aver parlato ex cattedra per cui nel vedere l'opinione contrapposta di Carmelo Bonvegna sul pellegrinaggio che i Mandanicioti o Mandaniciani (finiamola con i Mandanicesi) ha ripreso subito carta e penna chiedendo a Linuccio Bonvegna un confronto quand'anche epistolare sulla vicenda del quando iniziarono i pellegrinaggi da Mandanici e sulle motivazioni che li hanno determinati.

In un precedente articolo del 2012 abbiamo riportato fonti certe della fine del diciannovesimo secolo (per la precisione 1896) che facevano risalire il pellegrinaggio a due secoli prima, e che le fonti orali, non meno importanti di quelle scritte, ci davano come motivazione il ringraziamento di tutta la nostra zona ionica nei confronti della Madonna del Tindari per averla liberata dalla invasione di cavallette e tutti sappiamo che quasi tutta la Sicilia nel 1783 fu interessata da questo fenomeno che distrusse tutti i prodotti agricoli. Quindi, il primo Pellegrinaggio potrebbe benissimo ricondursi all'anno successivo (1784 coincidente con i due secoli prima del 1896 della fonte scritta) dopo che erano state debellate le cavallette. Ed è molto verosimile perché nelle fonti orali tramandateci dai paesi attraversati i nostri pellegrini venivano chiamati “fummiculari”.

Detta la mia, lancio la sfida di Ciccio Misiti al prof. Carmelo Bonvegna perché l'argomento è molto interessante e i pareri di due studiosi della storia di Mandanici possono rappresentare una pietra miliare.

Gentile Armando, ti prego di fare da ponte fra me ed il nostro comune amico Carmelo (Linuccio) Bonvegna, al fine di aprire un dibattito libero e franco, fermo restando che ognuno di noi è legittimato ad avere idee anche contrastanti, e fermo restando che ognuno di noi scrive con la propria penna.

Caro Linuccio, l’idea di un dibattito culturale mi affascina molto, se perciò ti esplicito meglio il mio pensiero non è già per convincerti della bontà della mia tesi (che, sia ben chiaro non è verità assoluta); tuttavia mi pare retorico il tuo invito a supportare con prove sicure. Con questo non voglio polemizzare, ma dirti la stessa cosa. A sostegno della tua argomentazioni non fai che ricordare quello che dicevano gli antichi.

Tu dici che ci sono stati pellegrini provenienti da Misserio, Locadi, S. Teresa di Riva, Savoca, Bafia e Castroreale e ti chiedi se risultano episodi di inquisizione su quelle comunità.

Innanzi tutto io non sostengo che Mandanici abbia il monopolio del pellegrinaggio, perché, seguendo il tuo ragionamento, ti affermo che l’inquisizione si è occupata delle popolazioni di tutta la Sicilia. E, per rimanere nell’ambito del nostro territorio, riscontriamo nomi di cittadini di Messina, Milazzo, Castroreale, S. Lucia, Termini, Taormina, ecc.

Solo per fare alcuni esempi Vito La Mantia – Origine e vicende dell’inquisizione in Sicilia ––  scrive:

a pag. 57 - “Fra Francesco Pagliarino, da Messina, dell’ordine di San Francesco di Paola, oriundo del casale di Savoca, luterano, fu per sentenza lata a 21 maggio 1551 rilassato al braccio secolare, in persona, e fu letta la sentenza nel piano della Loggia a 5 luglio 1551. Negava la confessione sagramentale, dicea che ogni cristiano era in grazia di Dio. Che bastava la sola fede per giustificare il peccatore, senza l’opere. Negava il libero arbitrio”;

a pag. 185 - “Mandanici- Girolamo di Savoca, coffaro, neofito giudaizzante, fuggitivo, fu per sentenza lata a primo maggio 1538 rilassato in statua”.

(In questa epoca l’inquisizione di Sicilia non aveva un responsabile. Fu solo nel 1487 che l’inquisitore generale di Spagna, Tommaso Torquemada, inviò nell’isola il frate domenicano Antonio La Pegna).

Anche Carlo Alberto Garufi - Fatti e personaggi dell’inquisizione in Sicilia – scrive fra l’altro: “quando si constata che nel 56 furono condannati 15 testimoni falsi, fra i quali Gian Giacomo Berretta medico e Angelo di Carlo prete per non aver voluto deporre contro alcuni infelici accusati di eresie luterane, si pensa subito che la repressione della Riforma, ad opera di don Bartolomeo Sebastian e del suo coadiutore Horoczo de Arze dal 46 al 56 fu veramente spaventevole e feroce”.


In quanto alla mia mancata documentazione, Caro Linuccio, t’informo per completezza che nel passato ho chiesto, senza successo, di avere accesso all’archivio della curia di Patti.

Forse in quell’archivio potrebbe esserci una risposta al nostro dibattito.

Proviamoci insieme io, tu ed Armando.

Cordialità, Ciccio