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12 Agosto 2013

Processione di Santa Domenica

Ingrandimento immagineSeconda Domenica d'agosto, Santa Domenica è stata portata in processione dai suoi tanti protetti ritornati appositamente anche dall'estero per essere presenti al sacro evento.

Santa Domenica è Patrona di Mandanici da data incerta in base alle ultime conoscenze sviscerate durante precedenti articoli. E' invece datato 15 febbraio 1727 l'ufficio e la messa propria (il proprio) concesso dalla Sacra Congregazione dei riti. La Sua venerazione nel piccolo paese è da riportare al IX° secolo d. C. in seguito alle lotte iconoclaste che dal lontano Oriente costrinsero molti monaci di rito greco ortodosso a scappare per sfuggire alle persecuzioni. L'Italia meridionale,Sicilia compresa,furono i luoghi ideali ove gli eremiti trovarono migliore accoglienza in antri e spelonche trasformati nei secoli successivi dopo l'arrivo dei Normanni in fiorenti monasteri.

Facendo delle ulteriori ricerche,legate all'indulto presente nell'archivio parrocchiale datato 15 febbraio 1727, siamo riusciti ad avere “il proprio”, dalla Parrocchia di Santa Domenica di Ricadi (VV), anche se non è quello originale redatto in latino, valido sia per la Chiesa Tropeana come per quella di Mandanici così come autorizzato con l'indulto del 1727.Non demorderemo fin quando non avremo trovato “il proprio” originale in latino concesso alle due Chiese,nel frattempo ne proponiamo quello in italiano.

La statua lignea raffigurante Santa Domenica è stata trasportata a spalla lungo le strette viuzze del paese dai pochi volontari rimasti disponibili a “mmuttari” sotto il pesante fercolo accompagnati per tutto il percorso dalla banda musicale “Vincenzo Bellini” di Santa Teresa di Riva.

Non si conosce l'autore né dove sia stata scolpita né in quale anno anche se approssimativamente sembra una opera del 1600, l'autore, forse volutamente, ha voluto l'incognito per dare maggior valenza espressiva all'opera realizzata. Non avendo trovato “pezze giustificative” qualsiasi supposizione comunque è da considerarsi arbitraria e presuntuosa condita solo di tanta, troppa supponenza.

L'artigiano-scultore che con le sue mani sapienti ricavò la Statua lignea della nostra Santa Domenica, riuscì a creare un mirabile capolavoro di fede e di arte. Qualcuno dice che l'effige rappresenta una immagine molto più grande dell'età della nostra giovine martire, per altri ha un portamento troppo imponente, per tutti, invece, rappresenta l'icona celeste alla quale aggrapparsi nei momenti di bisogno affinché interceda presso il Signore.

Molti ori che i nostri antenati hanno cucito sul suo drappo rosso per grazie chieste o per favori ricevuti sono andati perduti, per utilizzare un eufemismo.

Per esempio non si trovano più le decorazioni, una d'oro l'altra di argento, che il Capitano Giuseppe Amante (deceduto nel 1857) per testamento dispose che fossero appese alla statua di Santa Domenica per averlo liberato da numerosi pericoli nelle guerre combattute.

Anche i non credenti restano ammutoliti al passaggio della processione e si lasciano coinvolgere dal grande fervore con il quale i fedeli partecipano alla cerimonia cantando le lodi del Signore e l'inno della Santa Patrona.

Calata la sera, rientrata la processione nella Chiesa della SS. Trinità,finita la Santa Messa, l'intera vallata del NICITA riecheggia di crepitii illuminati da mille colori che disegnano nell'oscurità della notte figure fantasmagoriche che che solo la bravura di Giuseppe Grasso di Pedara sa realizzare. Tutti con il naso all'insù ne abbiamo ammirato e gustato la bellezza anche se ogni anno si corre il rischio che frammenti infuocati facciano da miccia alle secche sterpaglie delle campagne circostanti.

Molto sommessamente, non ce ne voglia nessuno, ai fuochi d'artificio avremmo preferito la sistemazione di qualche tegola cadente sulla Chiesa della SS. Trinità o un piccolo aiuto a qualche famiglia in difficoltà.