Mentre mi trovavo in
Palermo a prestare servizio quale telefonista alla Sezione San Marco, una
sera dell'8 o del 10 maggio 1908, per mancanza di personale fui comandato in
servizio di piantone in divisa, dalle ore 16 alle 20, in Piazza Marina, nel
punto ove erano in partenza ed in arrivo le tranvie provenienti da San
Lorenzo, Falde Monte Pellegrino ed Acquasanta, per reprimere e prevenire i
furti con destrezza, che abitualmente i malviventi commettevano in quel
luogo.
Ultimate le mie
quattro ore di servizio, alle ore 20, ora in cui terminava il ritiro delle
vetture tranviarie, mi tolsi il sottogola del chepì e mi avviai verso la
caserma.
Giunto all'imboccatura
della via Butera, sede del Palazzo del Principe di Butera, all'altezza
dell'Arco, intesi una sola detonazione di arma da fuoco. Non riuscii però ad
orientarmi circa la sua provenienza e continuai il mio cammino verso la
caserma Tribunali, sita in via Parrocchia dei Tartari; ivi giunto diedi le
novità al piantone e salii al piano superiore, ove aveva la sede il
Commissariato di P.S. Dopo circa venti minuti che conversavo con il vice
commissario di P.S. Dott. Anania, sopraggiunse un giovane, il quale informò
il funzionario che in Piazza Marina avevano ucciso il detective Petrosino.
Mi accompagnai al funzionario in Piazza Marina, ove sul marciapiede della
villa medesima, poggiato sul fianco sinistro, per terra giaceva un uomo e
dalla bocca grondava abbondante sangue. Il funzionario, dopo aver lasciato
me a piantonare il cadavere, ritornò in ufficio e compilò la lettera per il
Pretore.
Questi circa un'ora
dopo venne sul posto col medico di guardia della Croce Rossa Dott.Palmeri
per fare le constatazioni di legge,ordinando poi la rimozione del cadavere
da trasportare all'ospedale di Santo Spirito.
Nel primo accertamento
fatto sul cadavere risultò che il Petrosino era stato ucciso con quattro
colpi di pistola, sparatigli tutti in bocca, con fori di uscita dalla parte
posteriore della testa. Perciò il Pretore a voce ordinò che il giorno
successivo nell'interno del giardino si ricercassero le pallottole
dell'arma. Il giorno dopo si fece il tentativo, ma con esito negativo.
Dalle prime indagini
risultò che ad uccidere il Petrosino erano stati due mafiosi palermitani,
che di nascosto avevano viaggiato con lui sullo stesso piroscafo, da New
York a Palermo. Il piroscafo era il duca d'Aosta della navigazione generale
italiana.
Il Petrosino era
venuto in Italia da solo, senza scorta, per indagare se le persone, i cui
nomi erano elencati nel suo taccuino, che facevano parte dei mafiosi
residenti in America, avevano dei precedenti penali nei casellari giudiziali
italiani. Il Petrosino aveva già visitato i casellari giudiziali di
Caltanissetta e Trapani.
La sera della sua
uccisione era stato chiamato a mezzo di un ragazzo, recatosi all'albergo
sito di fronte al luogo dove poi fu ucciso, a scendere in piazza, chè era
desiderato da due uomini per comunicazioni urgenti. Il Petrosino aderì alla
chiamata e, arrivato sul marciapiede del giardino, venne colpito con quattro
colpi di rivoltella, tutti sparatigli in bocca.
La Sezione il giorno
dopo iniziò le indagini con l'interrogatorio, prima del proprietario
dell'albergo, poi del proprietario del ristorante sottostante situato al
piano terreno, dove pranzava abitualmente il Petrosino.
Il giorno dopo la real
Questura con fonogramma invitò il Commissario a non occuparsi più
dell'omicidio del Petrosino, perchè se ne sarebbe occupata la Squadra
Politica e Giudiziaria della Questura.