Giuseppe Loteta fotografa con una
sua poesia un personaggio particolare qual'era “don Cesare” che di cognome
faceva Barbera e contestualmente riporta alla memoria una pagina nera per
Mandanici. Don Cesare un tipo, uno strano tipo. Dopo una vita spericolata in
giro per l'Italia, trascorse la parte rimanente a Mandanici diventando ben
presto il bontempone per grandi e piccini. I ragazzini si divertivano ad
essere utilizzati da don Cesare come cavie della stupidità infantile. Seduto
su un sedile di pietra (bisòlu) con le spalle al muro e con un grosso
bastone in mano faceva finta di addormentarsi (si faceva come diceva “u
trummintuni”) mentre i bambini cercavano con tutte le loro forze di
staccaglierlo dalle mani. Non appena il bastone era nel tiro giusto lo
lasciava andare e i bambini rotolavano tutti giù per terra coinvolti in una
risata collettiva. Lo stesso scherzo aveva pure una variante più schifosa.
Infatti non appena i bambini provavano a tirare il bastone lanciava loro uno
sputo che li “lavava” per bene. Era pure una specie di cantastorie che
andava raccontando le sue storielle ora in un quartiere ora in un altro
seguito dai bambini come il pifferaio magico. Non andò mai ad accompagnare
nessun defunto al locale cimitero, si fermava sempre alla Chiesa della
Trinità, scusandosi col dire che aveva paura della morte.
Giuseppe Loteta nel parlare di don
Cesare parla pure del dolore che colpì tutta la Comunità e il nonno in
particolare per la scomparsa nel nulla del nipote. Cesarino, suo nipote, che
di cognome faceva Romano era nato a Mandanici l'8 luglio del 1922, partì
giovanissimo per il fronte russo, non fece mai più ritorno morì a soli venti
anni il 25 gennaio del 1943 durante la grande ritirata.
Ancora un grazie a Giuseppe Loteta
per l'utilizzo di questo sito dedicato a Mandanici e alla sua Gente.
Don Cesare era vecchio.
Coppola, bastone, barba bianca,
terrorizzava con suoni di gola
i bambini di Mandanici.
"Don Cesare, don Cesare",
fuggivano tra i vicoli
e lui: "quach, quach", ridendo.
Cesarino era giovane.
Riccioli neri e sorriso malandrino,
sguazzava nel torrente
al lavatoio delle donne.
Ma le donne non fuggivano,
le ingiurie e i sassi
raggiungevano l'intruso
come una promessa.
Poi Cesarino partì
E il nonno, la Russia lontana,
gli mise sottobraccio
due pani e una maglia di lana.
"Disperso", che cosa vuol dire?
Don Cesare, solo,
aspettò finché visse
il figliolo del suo figliolo.
Ma vana fu anche l'attesa
dei bimbi nei vicoli muti.
E la lapide sul piazzale
ora ha un Cesare tra i caduti.