La consiliare con la
quale si provvide ad incaricare per la progettazione quasi sicuramente fu
adottata dopo aver chiesto ed ottenuto dalla Prefettura di Messina la
possibilità di potere accedere ai fondi all'uopo previsti.
L'ingegnere Giuseppe
Marino in seguito all'incarico ricevuto predispose tutti gli atti
progettuali prevedendo la sede del Municipio, la Caserma dei Carabinieri e
l'ufficio di conciliazione in un unico stabile composto da un piano terra ed
un primo piano.
Con deliberazione
consiliare del 3 ottobre 1913 il suo progetto, datato primo luglio 1913, fu
approvato per un importo complessivo di lire 53.277,16 e fu inoltrata
istanza al Ministero degli Interni per ottenere il relativo finanziamento
utilizzando i fondi di cui alla superiore legge.
Il Comitato del
Consiglio dei lavori pubblici, per mano dell'ispettore superiore del Genio
Civile, all'uopo delegato, in data 23 agosto 1915 dopo avere esaminato il
progetto ritenne di dovervi apportare delle modifiche strutturali e
sostanziali pur considerandosi favorevole alla località prescelta nonostante
che la stessa per essere livellata avesse bisogno di sostanziosi
sbancamenti.
Per quanto riguardava
invece l'espropriazione della strada, ed il relativo allargamento,
l'esecuzione doveva essere considerata come diversa opera comunale da non
comprendersi nel preventivo progettuale, approvando, pertanto,
l'espropriazione delle aree previste per la realizzazione della strada solo
a quella parte antistante il frontespizio del costruendo Municipio.
L'importo progettuale
complessivo previsto che ammontava a lire 53277,16 fu considerato eccessivo
per un Paese di ridotte dimensioni demografiche come Mandanici che a quel
tempo contava circa 1300 abitanti, ma, nella considerazione che l'edificio
sarebbe stato utilizzato anche come Caserma dei Carabinieri l'Ispettore
chiudeva un occhio per quanto riguardava la spesa.
Lo stesso Ispettore
superiore dei lavori pubblici tra le tante osservazioni tecniche che
stravolgeva di fatto l'impalcato progettuale suggeriva di ridurre anche
l'indennità di espropriazione dalle lire 10 previste per metro quadro a 8
lire poiché a suo dire la previsione gli sembrava elevata.
Di fronte a questi
ostacoli burocratici di natura tecnica ed alla guerra del 1915/18 alle porte
che vide l'Italia in prima fila, si bloccò il tutto.
Quel progetto andava
rifatto, era diventato carta straccia. Non avendo trovato documentazione in
merito ritengo che forse l'ing. Marino per quel suo lavoro non abbia
riscosso nemmeno un soldo. A quei tempi se l'opera non veniva finanziata il
progettista non veniva pagato, successivamente, negli anni a venire, le cose
cambiarono ed il Comune per un progetto i cui lavori non furono mai
finanziati dovette pagare le parcelle del professionista rischiando quasi il
dissesto finanziario, ma questa è un'altra storia.
I proprietari
interessati all'esproprio degli ulteriori 28 metri di strada che l'Ispettore
aveva depennato e rinviato ad altro finanziamento erano:
Giulio Fabbrini, oggi
casa degli eredi di Carmelo Egitto, la famiglia De Lorenzo tra i cui i cui
eredi vi era pure Giovanni Previti, e Giulio Orato, quest'ultimo avendo
sentito odore di bruciato in fretta e furia vendette il terreno a Giovanni
Sgarlata sposato con Matilde Barbera e acquistò la casa davanti alla fontana
di Terranova confinante con gli Scuderi. I coniugi Giovanni Sgarlata e
Matilde Barbera in men che non si dica incuranti dello spettro
dell'espropria su quel tratto di terreno confinante con quella piccola
strada privata e con il corso Mazzullo da poco costruito vi impiantò una
casa ad una elevazione, casa che nel marzo del 2006 fu demolita per dare
posto alla piazzetta intitolata al Carabiniere Domenico Bruno.
Per avere un'immagine
esatta della strada privata che dava accesso a quelle proprietà della
contrada Spafaro bisogna fare mente locale a quel budello di strada di circa
3 metri esistente prima della demolizione di quella casa venduta al Comune
dalle due sorelle eredi Agata e Concetta Sgarlata che nel frattempo si erano
trasferite a Pagliara
Dalle carte
progettuali ancora non risultano le vie II° III° IV°V° Roma il che significa
che furono realizzate successivamente, magari dagli stessi proprietari, di
comune accordo.
Ritornando al progetto:
Ancora in prima guerra
mondiale in corso l'Amministrazione non si perse d'animo e l'8 settembre
del 1918 diede incarico all'Unione Edilizia Nazionale di procedere
all'esecuzione delle opere e a predisporre un nuovo progetto, accedendo
sempre ai fondi post terremoto. Forse il Cav. Ingegnere Giuseppe Marino non
aveva i santi giusti per farsi approvare e finanziare il progetto ed i
nostri amministratori lo avevano capito.
La Giunta presieduta
dal Sindaco Emilio Argiroffi in data 3 gennaio del 1920 chiese al Prefetto
di Messina la dichiarazione di pubblica utilità per l'espropriazione delle
superfici dove doveva sorgere il Municipio nonché per l'espropriazione delle
superfici ricadenti anche sulla strada privata.
Nella stessa giornata
del 3 gennaio 1920 l'ingegnere dell’Unione edilizia nazionale aveva dato il
suo benestare sulla località prescelta dall'ingegnere progettista e
dall'Amministrazione comunale.
Il consiglio comunale
nella seduta del 28 marzo 1920 confermò l'incarico all' Unione Edilizia
Nazionale ed approvò il nuovo progetto redatto questa volta dalla stessa
Unione Edilizia Nazionale stante che quello redatto dall'ing. Marino non
fu reso esecutivo.
L'importo complessivo
di questo nuovo progetto lievitò a 70.000 lire ed il lavoro precedente
previsto e preventivato dall'ing. Giuseppe Marino fu completamente
stravolto. Fu abolito il primo piano e per la Caserma non fu più prevista la
sua collocazione all'interno dell'edificio comunale, furono eliminati pure i
locali per l'ufficio di conciliazione.
Si trattava ora di un
semplice piano terra in muratura in pietrame con un distanziamento dai
locali adiacenti di metri 10,60, ridotti a cinque solo per lo spazio
posteriore che dà sul torrente Dinarini.
Di fatto le misure
furono quasi osservate in linea di massima tranne che sul lato destro,
guardando il municipio, dovuto magari al fatto che l'indennizzo
espropriativo fu liquidato dopo molti anni in seguito a contenzioso e forse
perché sarebbe stato impossibile tenere l'allineamento senza intagliare
ancora la dura roccia il che avrebbe comportato ulteriori spese non
sostenibili e problemi di stabilità per le case poste a monte.
Il Municipio era di
forma rettangolare le cui misure esterne erano di mt.15,80 X 11,80 per una
superficie coperta totale di circa 180 mq.
Il Municipio attuale
presenta misure maggiori e pure per questo gli spazi laterali risultano
inferiori all'idea progettuale di quel vecchio stabile.
La villetta che
appartiene oggi agli eredi di Aurelio Lenzo molto probabilmente era stata
espropriata ma rioccupata dai vecchi proprietari di allora Rosa Limina
sposata con Antonino Lenzo.
Il nuovo progetto
prevedeva una costruzione in muratura listata con corsi orizzontali di
mattoni ad ogni sessanta centimetri di altezza e copertura con tetto a
padiglioni e sopra la copertura con tegole di marsiglia..
Il Municipio, del
quale esiste pure qualche foto dell'esterno, era così formato in progetto:
l'androne adibito anche
ad albo pretorio di m.4.15 X 3.80
la stanza del Sindaco di
m.4 X 4,25
l'aula consiliare m.5 X 7
l'archivio m.5 X 4.25
segreteria m 5X 4.25
camera per uscieri m 5X
3.40
latrina m.1.50 X 1.80
antilatrina 1.50 X 1.50
la latrina con vaso
igienico in porcellana e poiché l'edificio, come pure tutto il Paese, era
sprovvisto di acqua si sarebbe provveduto con la costruzione di un
serbatoio.
così pure mancando la
rete fognante si sarebbe proceduto con la creazione di un pozzo nero
igienico
Dalla piantina, che ho
recuperato presso l'A.S.M., la divisione degli spazi interni risulta
leggermente diversa rispetto al progetto originario, forse sarà stata fatta
una perizia in variante prima di iniziare i lavori:
L'esterno in questa nuova
piantina misura metri 16 X 12
la sala del consiglio
adibita anche ad ufficio di conciliazione metri 7 X 5
gabinetto del Sindaco e
della Giunta metri 5 X 4
l'archivio e stato civile
metri 5 X 5
stanza per i commessi
metri 5 X 3,40
albo pretorio e sala
d'aspetto metri 5,70 X 4
ufficio di segreteria
metri 5 X 4,05
ritengo che questa nuova
suddivisione degli interni sia quella realizzata.
Le ditte interessate
all'espropriazione, con amichevole componimento, per quanto riguardava la
superficie interessata per il posizionamento del nuovo municipio erano:
La Scala Galileo e sua
figlia Anita sposata con Francesco Argiroffi per mq.113,68
Rosa Limina maritata con
Antonino Lenzo per mq. 375,83
Caminiti Carmelo di
Antonino mq.76,47
Fabbrini Giulio d'ignoti
mq. 25,19
per una spesa complessiva
di lire 5.912,60
I lavori furono
assegnati dal Comune all'impresa di Attilio Lenzo da Mandanici in data 19
maggio 1921.
Ancora a settembre del
1921 la consegna dei lavori non era stata ancora fatta per cui il Ministero
dei LLPP, su sollecitazione del Ministero degli interni, trasmise analoga
richiesta di sollecito all'Unione Edilizia Nazionale a mezzo telespresso.
Finalmente il 31
ottobre 1921 si procedette alla consegna dei lavori all'impresa
aggiudicataria che avrebbe dovuto ultimare l'opera entro il 29 aprile 1922,
in meno di 180 giorni, alla cinese. Il Sindaco del Comune presente alla
consegna era il prof. Conti mentre per l'Unione edilizia era presente
l'Ingegnere capo.
Il termine entro il
quale si sarebbero dovuti ultimare i lavori non venne affatto rispettato a
causa di forza maggiore lamentata dall'impresa tra le quali la roccia dura
trovata e da sbancare, perizie di varianti in corso d'opera per maggiori
fondazioni, muretti di cinta ed altro.
I lavori furono
completati solo, si fa per dire, il 27 dicembre del 1922 e l'importo
complessivo finale fu di lire 64.099,30 ed a nulla valsero le scuse
dell'impresa alla quale furono decurtate delle somme per il mancato
adempimento nei tempi previsti contrattualmente.
L'edificio comunale fu
consegnato completo all'Amministrazione comunale di Mandanici con verbale
provvisorio del 6 dicembre 1923 nell'attesa del collaudo definitivo. Per
l'Unione della Edilizia Nazionale era presente il Cav. Vito Gatto, mentre
per il Comune il Commissario prefettizio Giuseppe Scuderi assistito dal
Segretario comunale Carmelo Spadaro, molto probabilmente si fece pure festa
grande.
I lavori furono
collaudati il 15 gennaio 1924 dall'Ingegnere capo del Genio civile di
Catania, che provvide pure nello stesso giorno a collaudare anche i lavori
dell'edificio scolastico.
L'importo complessivo dei
lavori corrisposto all'impresa di Attilio Lenzo fu di lire 54.257,40
In conclusione, il
nuovo edificio comunale fu costruito su di un'area privata nella contrada
denominata Spafaro di circa 1500 mq che fu espropriata, la via Spafaro aveva
una larghezza di mt 3,25 ed era privata come tutta la zona circostante.
Nel prosieguo degli
anni quella struttura fu demolita e sostituita da una nuova, modificata ed
ampliata anch'essa negli anni successivi.
La scuola elementare
fu realizzata su di un terreno di proprietà di Attilio Lenzo ed altri nella
contrada della Santissima Trinità, dove si trova tuttora utilizzata a scuola
dell'infanzia anche se completamente modificata con struttura in cemento
armato.
Anche questa
costruzione fu eseguita dall'impresa di Attilio Lenzo.
I lavori gli furono
affidati il 5 ottobre 1921 e consegnati, anch'essi come il Municipio, il 6
dicembre del 1923 dal Commissario prefettizio Scuderi Giuseppe mentre
dall'altra parte oltre all'impresa vi era pure il cav. Vito Gatto per conto
dell'Unione Edilizia Nazionale. Anch'essi furono realizzati in poco tempo e
consegnati in modo provvisorio al Comune in attesa del collaudo che avvenne
come per il Municipio nel gennaio del 1924.
a cura di a.c.